Tu ci sfami e disseti, Gesù,
Perdonami, amico Gesù, ma ancora non ho ben capito se questa tua azione, che chiamiamo "moltiplicazione dei pani e dei pesci" noi la consideriamo un fatto reale, cioè un tuo comportamento che dobbiamo fare pure noi nelle nostre vite, anche se, magari, non proprio come hai fatto tu, oppure se si tratta di un evento straordinario, una di quelle cose che tu facevi molto spesso: la purificazione dalla lebbra, la guarigione da malattie incurabili, la resurrezione dalla morte, cose che solo tu puoi fare e noi possiamo solo chiederti.
Il testo di Giovanni lo conosciamo bene, ma sento che mi chiedi di ascoltarlo con orecchi e sguardi diversi dal normale, come infantili, quieti, semplici, protetti dal tuo amore immenso, presi nella tua fede per le scelte di amare.
Ecco, qui è in causa la tua esperienza di questo amore che ci hai donato e sempre ci doni col tuo vangelo. Così qui nasce la nostra fiducia infantile, semplice e franca, rivolta a questa tua esperienza che si fa guida per l'ascolto e l'accoglienza della tua vita e parola. In questo episodio, come in tutto il tuo Vangelo che salva.
"Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi.
Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?».
Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
Quando furono saziati disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.".
Così siamo "all'altra riva", nella sponda delle nostre vite dove andiamo solo perché ci sei tu, Gesù, che parli e descrivi l'amore Dio che conosci intimamente perché ti è Padre Madre, amante amata, Dio che ti vive e sostiene in ogni momento della tua esistenza tra noi.
Questo luogo dove siamo non è lo spazio tempo normale della tua azione e predicazione; vai all'altra riva, e ti cerchiamo pure qui perché fai cose stupende, specie guarigioni.
Siamo abituati alle guarigioni; anche oggi, ma specie in quel tuo spazio-tempo eravamo abituati ad aver a che fare con maghi, guaritori e personaggi strani che dicono di guarire e curare. Sopratutto lo raccontano. Tu non sei così. Tu guarisci chi ti viene messo davanti e non lo dici, non lo racconti. Anzi, chiedi sempre di tacere. Tu sei diverso, lo sappiamo. Per questo ti abbiamo raggiunto sull'altra sponda. Perché è bello stare con te, è magnifico viverti.
Questa è la prima condizione di questo episodio.
La seconda condizione sei tu rispetto a noi. Noi siamo venuti dietro a te, pronti ad ascoltarti, a viverti, a dividerti con altre persone, senza gelosia. Tu non ci appartieni, non sei nostro. Tu sei il sovrano d'amore, tu ci ami, ci accogli, ci salvi. Siamo in tante e siamo qui perché abbiamo visto "i segni che compi sugli infermi".
Quindi, se la nostra situazione non è ordinaria, neppure è normale la spinta che ci porta e ci fa restare qui.
Questa spinta è la fiducia che siamo e viviamo per la tua volontà di guarirci dalle nostre ferite e infermità. Siamo qui fiduciosi di te e del tuo amore per noi, amore che in te nasce e viene direttamente da Dio Padre Madre. Siamo qui perché sentiamo com'è straordinario questo rapporto d'amore.
La terza condizione sei tu, Gesù: amico maestro Signore Dio.
Si tratta di capire che siamo davvero molte persone, parecchie migliaia, praticamente un intero villaggio che ti è venuto dietro. Non siamo prive di cibo, perché andando dietro te sicuramente ci siamo portate anche cibo; eppure, altrettanto sicuramente, non siamo tutte ugualmente in grado di sfamarci adeguatamente. Dipende, da ciascuna e ciascuno di noi, dalle nostre vite concrete. Così il rischio reale, anzi, la cosa del tutto sicura, almeno per me, Gesù, è che qualcuno possa mangiare bene e qualcun altro niente, altri ancora molto poco. Bisogna condividere il cibo.
Ma come si fa a convincere qualcuno a condividere con altre persone il cibo che ha portato con sé, per se stesso e le persone che ama? Parlando dell'amore? Facendo appelli etici al dovere della solidarietà? Invitando al buon cuore?
No.
Qui non fai discorsi, Gesù, non racconti parabole esemplari, non interpreti la Legge, qui dai l'esempio, ti fai esempio.
L'esempio che dai, che tu sei, è la fede semplice nell'amore Dio che vive in te e ti sostiene in ogni tua azione. Tu sai, e proprio nell'intimità profonda della tua esistenza di carne e sangue, che Dio sa, approva, vuole, sostiene ogni tua scelta.
Il pane che serve per questo villaggio che ti cammina dietro non si può comprare: servono troppi soldi e neppure è sicuro, ritengo, che lì attorno si trovi, già pronto, la quantità di pane necessaria per tutta quella gente.
C'è qualcuno, un ragazzo, che ha cinque pani d'orzo e due pesci: lo vedo che ti sente parlare ai tuoi amici di dare da mangiare a tutta quella gente. Legge l'imbarazzo dei tuoi discepoli, si avvicina ad Andrea e mette a disposizione il suo cibo, giusto per un ragazzo di 15 o 16 anni, e lo fa senza tenersi niente.
Il posto è bello, c'è pure molta erba in terra, quindi ci si può sedere comodamente. Tu li fai sedere.
Qui, a questo punto della narrazione di Matteo, c'è il tuo famoso miracolo.
"Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.".
In realtà, Gesù, non moltiplichi nulla, dividi e non smetti di dividere, finché tutti i presenti non sono sfamati e tutto il cibo condiviso. Poi fai raccogliere ciò che avanza «perché nulla vada perduto.».
Cosa significa tutto questo per noi, che nei nostri oggi ti seguiamo, anche "all'altra riva", oltre le vite normali?
Innanzitutto, significa che non dobbiamo "fare beneficenza", cioè dare porzioni non importanti del nostro superfluo a persone, gruppi, organizzazioni che agiscono per darli a chi ha poco o niente. Questo comportamento stimola l'egoismo, cioè la scelta di fare cose che siano anche a mio favore, che rasserenino il mio orgoglio di persona buona. Invece dobbiamo dividere il nostro pane, senza tenerci nulla per sicurezza. E senza interrompere la divisione finché non abbiamo raggiunto tutte le persone che ne avevano bisogno, quelle a cui potevamo dare questo aiuto.
Dobbiamo amare, Gesù, senza scrupoli e con audacia.
Proprio come un ragazzo di 15 o 16 anni, forte della sua giovinezza e della sua salute, che ti ascolta e s'innamora di te, e così regala tutto il cibo che ha. Certo, lo fa perché si fida di se stesso e della sua forza e salute dei 15 o 16 anni. Ma anche e sopratutto perché lo affascini e così lui ti segue con tutto il suo cibo, perché tu doni vita e amore. Di te si fida e si regala a questa fiducia colma di speranza e vita.
Aiutaci, Gesù a fare così anche noi, a sentirci sempre giovani con te, a sapere che siamo sempre capaci di amare, di spezzare tutte le ricchezze del tuo amore con chiunque attorno a noi, fino a che c'è bisogno.
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