Solo il perdono

esiste nell'amore Dio, la pienezza di ogni amare.
In te non c'è merito, e non c'è giustizia, Gesù, almeno per come possiamo capire noi queste cose. 
C'è amore. Immenso.
Allora ascoltiamo la tua voce, Gesù, come la voce stessa di Dio altissimo nella nostra carne e sangue.
"Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa». Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: «Restituisci quello che devi!». Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò». Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».".
Non c'è misura nella tua presenza tra noi, Gesù, e così non c'è misura nell'amore che offri e doni, in ogni istante della tua vita, umana e divina, alle nostre vite umane. Tu sei qui per offrirci "il regno dei cieli", cioè te stesso come presenza di Dio amore nelle nostre vite; questa è la tua 'bella e buona notizia', il compimento della promessa  di Dio ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, a Mosè.
Sei Dio in mezzo a noi che vince perché è amore inarrestabile.
«Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi».
Si comincia con una 'regolazione di conti', che però termina subito. Davanti a un servo che non può restituire la cifra che deve (10.000 talenti, una roba enorme, che sta nell'ordine del bilancio di uno stato) il re semplicemente condona, anziché applicare il criterio di giustizia allora in vigore ("ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito").
Nulla sappiamo del debito, del perché è stato fatto. Sappiamo che non può essere restituito e che il re-padrone lo condona solo perché si commuove davanti al dolore di morte che con quella pena avrebbe colpito quel servo e la sua famiglia. Per non dare quella morte, davanti al dolore espresso dal servo, il re condona tutto. Senza problemi.
Ma.
Ma questo condono non è gratuito. Com'è stato ricevuto dev'essere dato, con altrettanta generosità e semplicità.
Ed è questo che non accade.
Non è importante la grandezza della cifra in ballo. Infatti 100 denari (il salario annuale di un lavoratore agricolo) sono proprio come 10.000 talenti, se non li puoi restituire. Non è importante neppure sapere la ragione del debito. Il 'perché' del debito non conta davanti al perdono. Conta solo il perdono ricevuto, perdono gratuito, senza ragioni di giustizia e di merito, perdono libero e fonte di perdono e amore.
Ma.
"Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: «Restituisci quello che devi!». Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò». Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito".
Siamo tutte e tutti, ciascuna e ciascuno di noi è un debitore condonato di 10.000 talenti, ma che riscuote con durezza i suoi 100 denari dai suoi debitori, accampando magari anche anche ragioni di giustizia. Questo ci condanna, ed è una condanna personale, che riguarda solo me.
«Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?».
L'amore  non è una proprietà, non è un diritto, l'amore non è giustizia. L'amore gratuito che tu doni, Gesù, è il solo modo per "fare giustizia" nelle sorti dure e difficili delle vite del Mondo. È l'amore che perdona perché l'amore stesso cresca e vinca oltre ogni morte di cui siamo pieni. L'amore che viene dato con la stessa libertà e gioia con cui Dio amore ci ha dato e ci dà te, Gesù di Nàzaret, il Figlio, il più amato. Libero di amare e amarci fino alla morte, e alla morte di croce. Ecco, aiutaci a essere come te, amico Gesù, nella libertà di amare con cui siamo perdonati e tolti al male.
ciao r

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