Coinvolgere

ciascuna e ciascuno di noi nel tuo amore, presente, immenso.
Cioè amarci mentre ti fai amare perché, così, produciamo amore e vita in noi e attorno a noi. Questa è la cosa che ci chiedi di fare, la fiducia nell'amore in cui ci metti in relazione con te e con Dio pienezza d'amore. Quindi con il mondo come relazioni di vite ed esistenze che cercano amore e lo vogliono fare. Infatti è questa è la domanda che fai ai tuoi amici mentre siete in terra pagana dentro la terra di Israele. 
Allora la domanda sulla tua presenza per loro e tra loro, non è una questione di identità, ma di ruolo, di capire e far capire le relazioni che stabilisci e costruisci.
Così, chiedere 'chi sono?' significa chiedere 'sapete che cosa sto facendo qui con voi?' e sopratutto 'perché mi seguite?'.
Ascoltiamo la voce della tua vita che ci chiama all'amore.
"Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».".
La migliore risposta alla tua domanda, anzi l'unica risposa vera e viva, la dà Simone detto Pietro, con la sua generosità innamorata di te, di questo rabbi della Galilea con cui sta camminando per tutta Israele e dintorni.
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
Ma il commento più forte a cosa significa questa risposta di Pietro, nelle vite di ciascuna e ciascuno di noi, la dà Paolo di Tarso nella seconda lettera a Timoteo, mettendo in rilievo un dato ormai comune tra coloro che ti seguivano per tutto il Mediterraneo, solo trenta o quarant'anni dopo la tua morte.
La testimonianza del tuo amore raggiunge la nostra vita e la oltrepassa, perché la riempie di Dio vivente, e ci fa amore.
«Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione». (2Tm 4,6-8)
Non è questione di parole. Non solo di parole. Tu non ignori, né trascuri, Gesù, l'importanza decisiva delle parole.
Noi viviamo anche di parole. Ma tu sai e ci fai vedere, con la forza della tua vita, che le parole devono essere vissute, non solo dette. Predicare e annunciare il vangelo sono parole di vita, cioè noi, nelle nostre esistenze di carne e sangue, proclamiamo te, Gesù di Nàzaret, come Cristo e Messia, figlio di Dio che dona la vita e lo fa in abbondanza, solo quando queste tue parole sono vissute nella nostra carne, sono realtà della nostra vita.
Fare carne e sangue della tua parola nelle nostre vite.
Questa è la 'buona battaglia' a cui ci chiami, l'amore che ci chiedi di costruire, lasciandoti abitare le nostre vite. Questa è la 'Chiesa', la comunione, l'assemblea, la famiglia di coloro che scelgono di ospitarti nelle loro vite per farsi aiutare da te nelle loro 'buone battaglie' per l'amore.
Aiutaci a viverti, Gesù, come la buona battaglia per l'amore che viviamo ogni giorno di vita, come sola giustizia di Dio.
ciao r

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