... senza corona e senza scorta...

Sei il re che bussa a casa nostra, solo per farsi aprire.
Gesù, mi è venuto nel cuore, irresistibile, il verso di uno di quei menestrelli della mia vita che hai silenziosamente amato, senza chiedergli niente, se non amore. Ciò che chiedi sempre.
... un re senza corona e senza scorta, bussò tre volte un giorno alla ...
Tu sei il re, Gesù amore, l'unico re vero di tutto il reale esistente. Nessuno è re, se non tu che ami e per questo bussi alla porta di casa nostra, con attenzione e libertà.
«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese». (Ap 3,20-22)
Ci offri la tua fame d'amore e la possibilità di sfamarti, e non tu da solo, ma noi insieme a te e anche con il Dio che chiami «Padre mio» e che ci offri come premio della nostra vittoria. Ma vittoria su che cosa? Vittoria ottenuta come? Il modello sei tu: «come anche io ho vinto» e ora siedi sul trono di Dio Padre. Occorre capire la tua vittoria e sceglierla, viverla, per farla diventare nostra. Occorre aprire le orecchie del nostro cuore e delle nostre carni perché ascoltino e vivano le parole con cui descrivi la tua vittoria, quella che ti ha aperto il trono di Dio Padre Madre e la sua libertà. Occorre, allora, che ci facciamo investire della tua libertà per diffonderla, in modo che l'amore cresca, insieme.
Occorre, cioè, che apriamo cuore, occhi, orecchi e carni, alle bellissime parole del vangelo di Luca di oggi e che ci fanno vedere quanto e come sei re, e noi insieme a te solo perché ti facciamo entrare a casa nostra a mangiare con noi, ad amare insieme. Vieni, Gesù, vieni presto e portaci con te.
"Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».".
Non è così semplice, né così ovvio, anche se siamo 2000 anni che contempliamo questa scena.
Ti sei proclamato re e salvatore, lo hai mostrato con le parole, con le opere, con i gesti: ti hanno creduto. Ti hanno creduto così tanto che hanno voluto ucciderti nel modo umiliante e vergognoso della morte degli abbietti, degli schiavi ribelli, dei banditi senza redenzione. La morte orrenda e brutta dei nemici di Roma appesi a una croce. Maledetti e abbandonati. Ti hanno creduto senza crederti. Hanno visto la tua innocenza e ne hanno avuto paura. Non eri un fanatico qualsiasi, un esaltato di provincia. Eri il re e facevi paura a chi comandava. Per questo hanno avuto bisogno di ucciderti in modo umiliante e ridicolo, affinché nulla di te sopravvivesse. Un re da nulla. Un re povero e disgraziato che nessuno difende, ma che, proprio per la sua morte consola tutti: lui è più disgraziato di me, guarda come l'hanno ucciso. Chissà perché avevano tanta paura di lui?
Questo è quello che dice il silenzio umiliato delle persone qualsiasi lì presenti.
«Il popolo stava a vedere». Non c'è niente da vedere, se non tre esseri umani che muoiono lentamente soffocati. Se non te, al centro, che muori senza maledire e senza imprecare, pregando per chi ti uccide. Non c'è niente da vedere se non la vittoria di chi ha il potere di vincere, un'altra vittoria di chi vince sempre. I vincitori di questo mondo ti insultano.
Alcuni, certo. Altri, i più importanti, sono sicuro che stanno a casa loro; lì con te hanno chi guarda per loro e controlla che tutto accada come deve accadere. Ma qualcuno resta davanti alle croci dice a voce alta la soddisfazione di aver vinto sulla tua presenza. La soddisfazione di averti vinto, definitivamente.
«Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto».
Dimostra la tua regalità secondo le logiche proprie del mondo, Gesù: scendi dalla croce, chiama i tuoi angeli e sottometti le confuse libertà del mondo alla piena e consapevole libertà del tuo amore. Vinci con la prova della tua potenza. Amaci senza amarci. Toglici la libertà per darci l'amore che vive.
Ma non sei venuto a fare questo, Gesù, la tua vittoria è molto maggiore, molto più forte, agisce ai livelli profondi dei nostri abissi. Lo dimostrano i due ladroni.
"Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».".
Il primo ladrone vede confusamente. Il titolo appeso alla tua croce ti chiama "re dei giudei", e lui sa che sei diverso dai violenti bellimbusti, impotenti e ciarlieri, che fanno i re al servizio di Roma. Quel ladrone sa che se tu sei re dei giudei, il Messia, Cristo di Israele, lo sei in un altro modo. Un modo che può salvare anche lui appeso a una croce come te.
«Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». Una speranza disperata, un appello dall'abisso del suo dolore e della sua rabbia. Ti chiama e lo ascolti, ma attraverso l'attenzione profonda del terzo crocifisso. Quello che vede la speranza della tua vittoria nella realtà della tua sconfitta.
«Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno».
La tua regalità è il dono d'amore e la tua vittoria produce una sola vittima, te stesso. La tua vittoria è nel mutamento del cuore davanti alla tua innocenza. Tu sei il re che merita ogni obbedienza perché «non ha fatto nulla di male» e porta l'amore come solo modo e forma del comando. Tu comandi solo amando, solo servendo l'amore, solo insegnandoci a servire l'amore. Sempre e in ogni momento. Per questo il ladrone attento a ciò che ti hanno fatto, ti chiede di ricordarti di lui, perché ti vede re proprio su quella croce e a questa tua regalità d'amore affida la sua scoperta dell'amore. Si affida a te come memoria, ma non sa quanto sei potente nell'amare, ignora quanto sei re d'amore.
«In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Così sia pure per noi, Gesù, in ogni giorno delle nostre vite.
ciao r.

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