Frutto

dell'umiltà sono immense selve di vite amanti che Dio dona.
Qual è il nostro atteggiamento verso la vita? Godiamo di ciò che la vita ci offre, e ci toglie?
Siamo invitati a pranzo da un ospite importante, a una mensa sicuramente molto buona e dove sono invitate altre persone,la maggior parte, forse, più meritevoli di me di questo invito.
Come vado al pasto? Con quale atteggiamento di fondo? Voglio fare bella figura io (far vedere che io valgo!) o desidero che sia il mio ospite a fare bella figura per la mia presenza? Se non ci sono posti già assegnati, dove vado a sedermi? Cosa cerco in questa tavola? Son pronto a gustare e dividere il cibo che mi viene offerto? Son capace di godermi la festa? 
Tu, Gesù, tratti solo un aspetto della faccenda, il posto più vicino o lontano dal padrone di casa, ma questo aspetto ci dice gli altri. Qui insegni la potenza mite (e silenziosa) dell'umiltà, la prima e più forte realtà di Dio. Ascoltiamo.
"Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedigli il posto!». Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: «Amico, vieni più avanti!». Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».".
Umiltà e umiliazione non sono sinonimi, eppure vanno insieme abbastanza spesso, come due amiche che si stimano.
L'umiltà è un atteggiamento verso me stesso, un modo di amarmi, anzi, secondo te, Gesù, il modo, l'unico modo vero e sincero di amarmi. Invece l'umiliazione è una situazione in cui mi trovo, una realtà, pubblica o privata, dove ciò che io sono o so di essere soffre perché non sono riconosciuto e/o amato, anzi, magari, spesso vengo pure offeso e ferito.
Ci proponi di essere umili, di non chiedere riconoscimenti per noi, di non pretendere onori ma di scegliere sempre l'ultimo posto. Magari proprio quello che il padrone di casa pensava di darci! Il pranzo sarà buono anche per noi all'ultimo posto, e proprio perché è questo mangiare e bere insieme che oggi ci è stato donato. Non preoccupiamoci del nostro posto, pensiamo a star bene a tavola, gustando il cibo e le bevande offerte, e facendo fare bella figura a chi ci ha invitato, perché è una persona che amiamo. Questa è l'umiltà, godersi la vita che mi è data, nelle condizioni in cui mi è stata data, cercando di renderla più bella, cioè di stare bene insieme a chi mi sta vicino, amando con semplicità e ironia. Facendo bella la vita.
Anche se qualcuno mi umilia, vedendomi all'ultimo posto, dicendo a voce alta che ho scelto bene il mio posto. Infatti io ho pensato a star bene a quella festa, quell'altro ha pensato a come farmi stare male. L'umiltà vince ogni tipo di umiliazione, perché si nutre di essa e così viene resa più forte proprio da chi non la capisce.
Ma non basta, non può bastare.
L'umiltà non è sola, ha un'amante segreta con cui non si fanno vedere insieme, benché si nutrano e si arricchiscano molto attivamente una dell'altra: la generosità.
La generosità è sapere che c'è qualcosa che puoi fare per aiutare qualche altra persona, per fare a lei la vita più bella, e tu la fai, questa cosa che puoi fare, ma in silenzio, nel nascondimento, senza che si sappia quello che hai fatto.
«Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti».
Il centro della generosità è la mancanza di contraccambio, cioè è l'umiltà, il nascondimento, l'occupare l'ultimo posto. Allora generosità è fare la vita più bella a chi non può restituirti niente, neanche la gratitudine perché se non lo sa che tu l'hai aiutata, aiutato, è meglio perché anche la gratitudine può essere difficile.
Ma tu, Gesù di Nàzaret, sei generosità e umiltà, tu, Dio incarnato in un essere umano, il figlio di Maria di Nàzaret, e che hai fatto la vita di un essere umano, ti sei presentato a noi come Parola di Dio, che converte i cuori e le vite dal male al bene, e come "dito di Dio" (Lc 11,15-26) che guarisce e risana i mali da cui siamo afflitti; quel regno dei cieli che ci mette nella vita di Dio, nella sua bellezza e amore.
Aiutaci a essere come te, Gesù: generosità e umiltà consapevoli e libere in quegli agire che fanno queste nostre vite molto più belle.
ciao r

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