Dio è
L'umiltà è consapevolezza, autentica conoscenza di sé, abile a farsi dono, cibo di vita e nutrimento di libertà per le vite.
Tu sei l'umiltà vivente di Dio tra noi, Gesù, la Sua umiltà che ha scelto di farsi mettere in croce perché sapeva, nella sua consapevolezza amante, che solo da quel talamo di legno, chiodi, corde, sangue, carni lacerate potevi amarci una a uno e convincerci della magnifica bellezza di Dio Amore.
Così è stato, infatti, e la tua parola ci convince sempre più perché viene dalla tua croce e oltrepassa il sepolcro dove ti hanno deposto e che non ti ha tenuto, perché l'amore umile e potente di Dio non conosce morte, ma solo vita che ama.
"Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».".
La tua parabola, Gesù, è trasparente.
Due esseri umani entrano in un luogo di preghiera. Uno è uomo, resta visibile e cammina, fiero e soddisfatto, al centro dell'area di preghiera. Sa dove andare, sa dove fermarsi, sa bene che cosa deve e vuole fare.
L'altra persona non l'abbiamo vista bene, se ne è andata subito in un angolo, al buio, e forse è un uomo, forse una donna, forse è una persona anziana. Magari, invece, è giovane. Sta al buio, si nasconde; chissà che cosa vuole nascondere, e a chi, poi? A noi? a Dio?
Non possiamo nasconderci a Dio, Sovranità amante, ma possiamo riconosci debitori verso il suo amore, e di un debito inestinguibile, che non abbiamo alcuna capacità e possibilità di restituire. Possiamo arrenderci a te, Gesù, e possiamo chiamarti dalla nostra sconfitta nel male, sapendo che tu arrivi, ci metti sulle tue spalle, ci ridoni vita. Possiamo diventare come te, canali pieni dell'acqua di Dio; solo che noi siamo difettosi, e perdiamo buona parte dell'acqua di grazie e amori che riceviamo da te, e ci vergogniamo con te dei nostri difetti e delle nostre perdite. Ma tu non te ne preoccupi e continui a darci fiumi di acqua buona, così tanta che la vita cresce e si affolla attorno a noi. Ma non è vita buona! Non serve! Che ne sappiamo, noi? Non siamo noi l'agricoltore, ma solo le canalette d'acqua che chi coltiva ha voluto e che ci usa così come siamo.
Dacci l'umiltà di regalarti e lasciarti usare i nostri difetti ed errori, perché così tu fai crescere amore e vita attorno a noi. Siamo tue e tuoi, Gesù, usaci a beneficio dell'amore di Dio che vive e nutre.
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