Nasce un bimbo

e così nasce Dio alla carne e al sangue dei cuori umani.
Cosa dire, Gesù, della tua nascita in una periferia abbandonata ai margini di un centro che era, a sua volta, periferia di altri centri molto lontani? Cosa scrivere di questo evento misterioso, pieno di carne e sangue, che è un parto, la nascita di un essere vivente a questa vita di carne e sangue? Oggi nasce un essere vivente infante, privo di parola ma dotato di ascolto e sorrisi. Cosa scrivere se questa creatura è Figlio dell'Altissimo, è il più amato, se per lui cantano angeli? Forse. Forse ho sentito una storia, Gesù, e m'è piaciuta. Te la riporto, perché davanti a te infante anche io non ho parole e uso quelle di Luca, amico tuo.
Lc 2,1-14
"In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli / e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».".

Perdona il ritardo, è stata lenta la mia strada.

Non vengo da lontano, poche valli più in là,

a sud, oltre Sion, e li ho visti anch'io

riverberanti luce, a fare giorno il buio.

Ho ascoltato il loro rude, aspro osanna a Dio,

e la loro lode a noi, amate amati.

Volevo venire, per primo l’ho detto, ma son giovane,

il più giovane, solo pochi anni più di te,

bellissima madre. E sono qui con voi, felice.

Anche le mie pecore guardano, lo vedono.

Sì, sono poche, solo queste,

ma sono belle, sono forti, le conosco

una a una, le proteggo, una a una.

Guarda, hanno smesso di brucare,

lo osservano, mute.

Non sono ebreo per questo sono in ritardo,

avevo paura, dicevano era per voi.

Ma li ho visti anch'io, riverberanti luce,

cantanti il loro rude, acre osanna a Dio.

Li ho visti, così vedo lui, avvolto in fasce,

per culla una mangiatoia, che ride,

che accoglie il mio silenzio avvolto in parole.

(L’ultimo pastore. Cagliari, 21-24 Dicembre 2020 - r.i,)

ciao r


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