Su re,

il re.
Non sono le lingue dei vincitori del mondo che ti accolgono re, Gesù, ma le parole degli sconfitti, che solo in te hanno quella vita che è stata loro tolta con violenza e iniquità e che tu solo riscatti. Per questo il titolo della risonanza oggi è in sardo, lingua di una terra che non ha mai avuto un suo re mortale, ma solo difensori, giudici e santi e sante di tutti i giorni, di quelle che i miracoli li fanno ogni santo giorno che tu mandi in terra e, spesso, anche ringraziandoti. Più spesso litigando con te con asprezza, ma riconoscendoti come l'unico interlocutore dei loro dolori, come il solo medico delle loro ferite. Noi siamo qui, aspettando che tu arrivi, aspettando "che la tortilla se vuelva" e ci sia soltanto amore per tutte e tutti. Vieni, Gesù, re sposo, vieni che ti aspettiamo e, intanto ascoltiamo la tua voce che canta la gloria di Dio, amare.
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Matteo in questo suo capitolo 25 è di una semplicità lineare, Gesù; semplicemente tira le fila della signoria di Dio, di quel regno dei cieli che tu sei venuto a deporre fra di noi come un piccolo seme di grano, un seme che deve morire per dare frutto. Ma il nostro sguardo è sempre troppo legato alla rapidità dello spazio-tempo in cui viviamo, che passa e non torna, che ci trascorre dentro e attorno, furibondo e violento. Così, spesso, non sappiamo ascoltarti e ci allontaniamo da te. "Ho perso mio figlio", non è solo il grido disperato di questa madre il cui figlio è stato ucciso dalla nostra iniquità di ricchi, bianchi, europei, cristiani, assassini. Ma è il grido che riassume "le lacrime e il sangue" che grondano dalle nostre storie, spesso iniquamente ornate dal segno della tua gloria, quella croce di cui abbiamo fatto una bandiera identitaria di ignominie e violenze, per voler nascondere che è l'unico simbolo di salvezza per tutte le persone umane. Salvezza che passa per la semplicità di amare, che è semplicemente amare: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi».
Gesù, qui non c'è alcun merito in gioco. Non dobbiamo sfamare chi se lo guadagna, dissetare solo chi si comporta bene, accogliere solo chi è straniero ma è ricco e intelligente, vestire solo chi è pudico, visitare in galera solo gli innocenti e i buoni. Dobbiamo riconoscerti in chi bussa alla nostra porta e ci chiede aiuto, dobbiamo amare chi incontriamo come diciamo di amare te, come affermiamo di amare Dio. Perché Dio non lo vede nessuno e nessuno lo può amare. Invece la sorella e il fratello che sono attorno a noi li vediamo, li sentiamo, spesso ci danno fastidio e ancor più spesso hanno torto. Ma sono loro che dobbiamo amare, perché solo attraverso di loro amiamo Dio e Dio ci ama.
ciao r

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