I sapori

di Dio sono vita, come l'acqua fresca di una fonte, il frutto di un albero e della fatica umana, la bellezza delle notti stellate e dei corpi umani, la scelta di dividere e spezzare insieme l'amore.
Ogni volta che leggo e ascolto questo brano del Vangelo di Matteo mi emoziono, Gesù, perché lo sento rivolto a me, come uno degli amici di Matteo, pubblicano e peccatore, che si trova coinvolto, senza alcun merito suo, nel pasto con te e con i tuoi discepoli e si trova così bene che ti segue pure lui. La salvezza è frutto di un incontro, e di un incontro conviviale: spezzare insieme il pane, bere insieme acqua e vino, dividere insieme sale e parole. Scambiarsi le vite e ascoltarsi reciprocamente come ascoltiamo te. Anche noi peccatori abbiamo bisogno d'amore. Sopratutto noi peccatori e peccatrici. Ascoltiamo la tua presenza.
"Mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».".
Non è che stai a dire granché, Gesù. Solo questo bellissimo: «Seguimi» a cui segue la scelta immediata di Matteo, che abbandona il suo tavolo delle imposte e ti segue. L'invito a fare un pasto con tutti i suoi amici (pubblicani e peccatori) non è una vanteria, ma il segno di una felicità importante e che va condivisa; questo è il pasto che si fa con chi si ama prima che inizi per noi una nuova vita e che tutta la nostra esistenza cambi in relazione a D**, al mondo accanto a noi, alle persone che amiamo. La nostra nuova vita, che inizia dalla tua chiamata, è quella di sentirsi coinvolti in te e nella tua azione, che è quella di guarire. Ma devo sapere di essere malato, devo conoscermi come peccatore. Se penso di essere sano, non cerco il medico, se so di essere giusto non cerco D** ma pretendo da D** che paghi il salario della mia giustizia. Ma non è mai così, abbiamo bisogno di te e tu sei venuto tra noi per questo bisogno, ma allora noi dobbiamo cercarti e mangiare con te, per poi condividere la nostra vita come fai tu, amando senza giudicare, rispondendo con il bene al male, perché D** non è «venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
ciao r

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