Accordarsi con D**.

È possibile mettersi d'accordo con te, Signore, Immensità amante, Padre e Madre?
Può una creatura di sei mesi stringere un accordo con la madre, tutto compreso, da tempi della tetta ai baci, a quando deve mettersi a dormire? Per un essere umano di tre o quattro anni è possibile stringere accordi precisi, e differenziati persona per persona, sesso per sesso, desideri per desideri, con il padre circa il suo ruolo di genitore maschio e su cosa è la sua autorità e come esiste tra loro? "Ma lo facciamo sempre!". Così sento dire, Gesù, alle mie tre lettrici e ai miei due lettori. Le nostre relazioni di vita sono sempre un "mettersi d'accordo". Sì, certo, ma con una presa di carico delle responsabilità in atto della persona adulta, che gioisce, pena e soffre per far capire, con tenerezza e decisione, alla "sua" creatura che è persona infante (che non sa parlare bene, che non ha ancora le parole), ciò che si può o non si può fare, e quando e come. Non è mai un accordo tra pari ma tra sensibilità emotive differenti, di cui una in formazione e l'altra, forse, già formata. Certo, impariamo sempre tutte e tutti nei processi educativi (ed è l'immenso, aggettivo scelto consapevolmente, fascino di ogni insegnamento), ma impariamo sempre cose diverse, in modi e tempi differenti. Ma proprio così è con D**, mi sembra che ci dici tu, Gesù, che non per nulla Lo chiami, per te e per noi, Abba, Papà Babbo, Padre, e spesso ce lo racconti come Madre. E un poco anche in questa parabola. C'è un solo modo di accordarsi con D**: amare e lasciarsi amare. Ascoltiamo la tua voce.
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Gesù,  davanti a questa parabola inevitabilmente penso che questo padrone è certamente buono, ma è anche ingiusto. O, meglio, agisce su piani dove noi, umane e umani, non sappiamo muoverci con la libertà e il rigore di questo padrone che, in molti passaggi, sembra una padrona. Cosa succede? Succede che il padrone ha bisogno di salariati per la vigna. Va al mattino presto, prima dell'alba, nella "piazza del paese" dove li trova e dà lavoro a chi sceglie per un denaro a giornata. Fin qui è tutto tranquillo e normale: lavoro contro salario. Le cose difficili cominciano ora. Questo padrone infatti esce altre quattro volte: alle nove del mattino (quattro ore dopo l'inizio della giornata, alle cinque del mattino), a mezzogiorno (7 ore dopo l'inizio), alle 15,00 (10 ore dall'inizio), alle 17,00 (12 ore dall'inizio e un'ora prima della fine del lavoro, al tramonto). In tutte queste uscite che cosa fa? Non cerca più lavoratori per la sua vigna, ma si interessa delle vite di queste persone che vivono del lavoro a giornata. "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?" è domanda che implica un rimprovero, ma che non aspetta giustificazioni. Dà la soluzione, anche se quella soluzione può sembrare ingiusta dal punto di vista di chi ha raggiunto un accordo. Infatti questo padrone materno non si interessa delle scuse o delle ragioni, sa che una giornata senza lavoro è una giornata senza pane, per sé e per la propria famiglia. Sa anche che l'elemosina può essere offensiva e distruggere molto nelle vite e nelle coscienze di queste persone. Allora, maternamente, dà lavoro, fa sentire utili. "Andate anche voi nella vigna", non è una richiesta di lavoro, è una offerta di vita. Offerta che è così gratuita e libera, così bella, da risultare indisponente, difficile da essere accettata da chi ha raggiunto un accordo: "Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Non vale la pena essere buoni se, poi, anche chi è cattivo si salva. È la stessa protesta del figlio che resta a casa nella parabola del padre misericordioso in Luca (Lc 15,29-30). Un quesito durissimo a cui D** risponde sempre nella stessa maniere: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna [...] Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi". La giustizia di D** è amare, l'amore che ci salva e ci guarisce dalla morte in cui siamo tutte e tutti, pure chi si sveglia per tempo e fa il suo lavoro tutto il giorno. Ciò che è giusto l'avrà, ma non è lo scopo. Lo scopo è amare, amare sempre imparando ad amare, sapendo che pure D** impara da noi, se ci fidiamo e lo amiamo, sempre.
ciao r

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