La durezza
Credo che l'esperienza più impegnativa e severa al mondo sia amare. E scrivo proprio dell'amare in tutti i suoi significati, a iniziare da quelli che ci ispirano immagini di tenerezza, passione e piacere. Come l'amare che una donna "regala" e offre alla sua creatura neonata, o l'amare fisico che a questa stessa donna offre un uomo, in tutta la sua potenza virile. E viceversa, e andando oltre, e pensando a ogni forma d'amore vi sia capitato di incontrare e sperimentare, senza giudicare se quell'amare sia giusto o sbagliato, ma solo se si è donato e se voi, tu che mi leggi, hai accettato quel dono o l'hai rifiutato o disprezzato o buttato via. Senza giudicare neanche te stesso (1Cor 4,1-5) ma solo accogliendo D**, Eterno Amare Paziente e Felice, che ci e ti parla in e con Gesù di Nàzareth, suo figlio e suo Santo, nostro re Messia. Allora, ascoltiamolo mentre ci parla della durezza dell'amare, mettendo silenzio tra i nostri rumori.
"Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».".
Sembra che ci vai pesante, Gesù, e tutti tentano di giustificare la tua durezza. A me, amico e sposo, sembra che tu sei preciso, come sempre, e attento alle nostre reazioni reciproche in quella molteplice varietà di esperienze diverse, eppure simili e analoghe, che mettiamo sotto il nome "Amore" e nella dialettica (brutta parola, Gesù, meglio "armonia e improvvisazione") che esiste nelle esperienze descritte dai campi semantici delle parole "Amore - Odio". Ogni giorno, o quasi, sono costretto, volentieri (e non è un ossimoro), ad ammirare la tua sapienza antropologica e come ci dai i mezzi per costruire il tuo regno a partire dalle nostre realtà di esseri umani in carne, ossa, cuori, ventri, mani, occhi, lingue, sessi. Oggi ci sono due elementi che mi colpiscono. Il primo è il rifiuto di questo re da parte degli altri re. La loro reazione all'invito, nella redazione di Matteo di questa parabola (Luca è decisamente più dolce, pur preservando la durezza del racconto cfr Lc 14,15-24) è sprezzante in modo molto forte, davvero spiazzante, perché un invito del genere non può essere rifiutato. Invece quei re lo rifiutano, fino all'assassinio e alla guerra. Non ho bisogno di fare sforzi di fantasia per trovare esempi storici in cui «quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero» e posso spaziare dalla Londra di questi anni a Rio de Janeiro o Lima di questi stessi anni, a Mosca e Pechino di questi anni, a Roma di trenta e quaranta anni fa. E di oggi, direbbero alcune amiche e amici che ti seguono con cuore diverso dal mio, ma sempre amante. Sembra che tu racconti una favoletta, Gesù, ma sei molto più preciso di "tutti" gli analisti politici e gli storici che conosco, e sono pochi, lo ammetto. Il secondo elemento è il tizio senza abito di nozze. Chiaramente l'abito di nozze lo dà il re; infatti sono presi dalla strada, «tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni», e nessuna e nessuno di loro era in ordine per la festa, né ne era degno. Allora, perché costui non indossa l'abito? Sempre per la ragione di prima: disprezzo e indifferenza. Anche quel tale pensa di poter impunemente disprezzare quel re, e così resta nei suoi abiti. Sbagliati. Gesù, tu ci dici che l'unico luogo dove c'è pace e amore, dove siamo consolati e ci consoliamo reciprocamente delle ferite che ci diamo l'un l'altra nei nostri vivere, l'unico luogo in cui ogni suprema esperienza dell'amare (i nostri innumerevoli orgasmi d'amore) diventa la lenta pazienza di amarci, e lo diventa nella gioia e nel piacere, è al tuo banchetto di nozze. Amico mio, davvero bisogna che viva di più in strada, con tutte le persone buone e cattive che lì ci abitano, così sarà più facile che i tuoi servi mi trovino per portarmi alla tua festa e darmi l'abito che mi serve per amarti e onorare il tuo amore. Grazie, sposo e amico mio.
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