Il cuore di D**

è tutte le sue libertà. Quelle che ci dona.
Vedo la tua vita "esemplare", Gesù, come un costante ammonimento a fare attenzione ai doni di libertà che D** ci fa nella e con la tua vita. In questo episodio vedo affacciarsi una preghiera di D** a noi umane e umani sull'attenzione a ciò che un essere umano deve fare di se stesso nel momento in cui smette di essere una creatura ancora infante e diventa capace di badare ai suoi scopi d'amore. Ascoltiamo questa drammatizzazione nella tua vita del contrasto necessario tra sottomissione ai genitori e autonomia del  proprio dovere verso il mondo e altri umani.
"I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore".

Pensano di averti perduto e scatta l'angoscia nel cuore dei tuoi genitori. Sono tre giorni di un terrore di morte e per Maria, tua madre, sono anche la profezia della tua morte vera, quella che la ferirà nel cuore. Tu la sai l'angoscia che hai provocato, non puoi ignorarla. Solo a vederli arrivare al Tempio e a vederti, hai capito e letto la loro angoscia profonda. Eppure non hai alcuna parola di tenerezza e di richiesta di perdono. Nulla devi farti perdonare: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Il nocciolo di questo episodio è tutto qui, e nella reazione profonda di Maria, tua madre. Ci sono momenti nella vita in cui i genitori devono accettare che il figlio o la figlia "si occupino delle cose di D**" nella loro vita, per ciò che riguarda la loro esistenza. Spesso, troppo spesso, forse, sono scelte che non comprendiamo e, anche se le comprendiamo, le rifiutiamo. Come il tuo rifiuto, Gesù, dell'autorità paterna e patriarcale dei maschi adulti nel clan familista, che tu hai negato, fermando il convoglio e costringendo tutti a tornare indietro per cercarti, e senza alcuna buona ragione. Ma nulla devi farti perdonare: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Capitano sempre episodi così importanti nelle nostre vite e in quelle di chi ci è figlia e figlio. Occorre accettare la scelta, magari chiedendo obbedienza e sottomissione, come succede a te, Gesù mio. Ma sapendo nel proprio cuore che questa obbedienza è provvisoria e la vita ti appartiene. Aspettando di veder cambiare il proprio ruolo da quello di madre a quello di discepola. Rispetto a te, Gesù mio, ci sembra ormai ovvio e non è così. Anche perché vale per ogni figlia e figlio che si trovano nell'incontro di più strade, lì dove bisogna ascoltare per sceglierne una, esattamente quella che ci permetta di "occuparci delle cose del Padre nostro che ci riguardano".
ciao r

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