La gioia,

le sue realtà fra di noi e con te, Gesù Signore.
Che cos'è la gioia, Gesù? Noi diciamo che è un'emozione intensa, legata alla presenza di qualcosa che è stato realizzato da noi, esiste ed è fonte, a sua volta, di altra gioia. in questo  senso la gioia è sempre legata all'esperienza del dono, di qualcosa che è stato anche faticato, pure con sofferenza e dolore, ma la cui presenza, reale nella nostra vita, va sempre molto oltre le fatiche compiute. Il tuo esempio per chiarire che cos'è la gioia mi sbalordisce, perché è un esempio solo femminile, tratto dalla esperienza emotiva ed esistenziale che è maggiormente coinvolgente la vita di una donna, e dove, maggiormente, si sono scatenati fattori di oppressione e violenza: la maternità, esperienza solo femminile e di cui i maschi umani non hanno cognizione, se non per sentito dire. Ma cosa significa? Ascoltiamo la tua voce.
Gv 16,2-23
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».
La tua risurrezione, Gesù, è descritta qui come l'umanità che si fa femmina per poter partorire Dio, Potenza Amante, e quindi poter gioire della vita nell'Amore che non finisce mai. Siamo sempre nel parto e le doglie e i dolori del parto non devono farci dimenticare le gioie, le felicità e i piaceri da cui queste doglie sono nate, così come il pre-gustare la felicità di aver dato vita a un essere umano, facendo il lavoro di Dio. Ma l'umanità non esiste, è una metafora poetico-filosofica. Esisto io, maschio umano, che non conosce l'esperienza del parto e la possibilità di questa esperienza nelle carni della mia vita, come qualcosa che mi fa fragile e mi rende bella, insieme e contemporaneamente. Ma anche in tempi diversi e, spesso, divisi e feriti. Allora devo accettare che l'amore è diverso, ed è "attesa", crescita di una creatura nelle tue carni, creatura diversa e differente da te e che, però, è da te che trae le risorse per vivere: ti mangia, mangia ciò che tu doni a questa creatura perché cresca e sia diversa e altra rispetto a te. Quando saremo capaci di questa fatica di un dono pieno di gioia, allora davvero «quel giorno non ti domanderemo più nulla».
ciao r

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