Lo scandalo del Dio che ama

e lo scandalo di amare questo Dio che ama.



Sai qual'è il tuo problema, Gesù? 
Si avvicinano a te i peccatori e le persone per bene stanno distanti.
Scribi e farisei, le persone per bene dei tuoi anni, dicono, sottovoce ma con nettezza, la distanza che sentono con te: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». E noi, troppo spesso, diciamo lo stesso dei tuoi amici e delle tue amiche qui tra noi. Chi ti segue è peccatore e tu mangi con loro.
Ascoltiamoti, anche se il pezzo è molto noto e altrettanto conosciuto.

 

Lc 15,1-3.11-32
"Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”»
.".



Questa parabola è una narrazione perfetta di Luca, dove tutto è in equilibrio e porta, instancabilmente, al Dio Amore che ti preme, Gesù. 
Ma c'è un punto che squilibra tutto e mi sembra che renda tutto incomprensibile.
«Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò».
In questo padre, Gesù mio, tutto è sbagliato, da un punto di vista umano.


«Quando era ancora lontano, suo padre lo vide».
Il padre vede quel figlio sciagurato da lontano. Ma questo significa che sta guardando, che ogni giorno guarda - e più volte al giorno - quella strada per arrivare a casa e per vedere il figlio tornare.
Perché è sicuro che torna. E lo aspetta.

«lo vide» Non è solo questione di occhi e di cuore. È una relazione profonda di intelligenza: lo vede e lo conosce, lo ri-conosce e ne ha una conoscenza profonda, ne assaggia le sofferenze.

«ebbe compassione» È un padre madre, l'ha partorito a quel figlio, dopo averlo tenuto in ventre nove mesi. Le sue viscere si contorcono, a vederlo, a leggerne la sconfitta e le sofferenze. Prova un "sentire insieme al figlio", sente con lui il suo dolore. Lo accoglie.

«gli corse incontro» Non aspetta, non può. Certo, la dignità e l'onore gli dicono di aspettarlo, di attenderlo fremente. Ma questo padre madre ragiona di utero e di cuore. Non ha tempo da aspettare, ha solo tempo per correre da questo figlio sconfitto che torna a vivere.

«gli si gettò al collo e lo baciò» Gli si appende al collo, così scrive Luca, ed è un gesto un poco indecente, che toglie ogni scusa al padre madre. Ma è tornato, è qui, adesso va tutto bene.



Di chi parli, Gesù, di chi ci parli?
Non dimentichiamo il gesto iniziale del figlio: la richiesta dei beni e il fatto di andare via equivale a un parricidio.  
Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”.
Questa frase significa che il padre non è più vivo, ma ci sono solo le eredità, i beni materiali, il resto è morto.  Il padre è morto per questo figlio sciagurato.
Ma non è vero il contrario.

Ma non sappiamo cosa fa il padre, mentre il figlio sperpera la sua vita altrove.
Sappiamo cosa fa quando il figlio torna, perché conosce se stesso, sa che ha perso.
«Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:...». 
Non c'è nessun pentimento, c'è una presa d'atto. Ho perso. Tutto, i miei beni e la mia sfida con mio padre. Anche i suoi salariati stanno meglio di me.
La presa d'atto della sconfitta è la vittoria del figlio sciagurato contro i suoi demoni. 

Ma le intenzioni sono solo strumentali. Si prepara il discorso, parte dalla sua sconfitta e lì si ferma: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te». Questo figlio sciagurato non sa chi è suo padre.



Il resto è molto noto.
Il padre restituisce al figlio la sua dignità e ogni suo ruolo. L'anello al dito è la possibilità di spendere tutto, di nuovo.

Resta, per me oggi, mio bel Gesù, questo abisso  d'amore muto, la mite ferocia amante di questo padre madre che nessuno capisce. Ma che procede nelle strade dell'amore che le sue viscere narrano e il suo cuore canta.

Fammi suo servo, amore Gesù, perché il resto della mia vita al suo più piccolo e nascosto servizio è l'unico tesoro che spero.

ciao r







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