Tu, Gesù, e quella donna


che ti amava. 

Oggi non facciamo il Vangelo di questa III domenica del Tempo Ordinario 2019. Perché siamo andati al Pozzo di Sichar, Gesù, e c'eri anche tu e abbiamo lavorato su una delle situazioni più imbarazzanti di tutto il tuo Vangelo di quattro autori.

Ne parlano tutti, ma la versione di Luca, beh è meglio.

Lc 7, 36-50
Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: ‘Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!’.
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di' pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più».
Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».”.

Gesù, siamo dentro una tua scena molto importante.
L’episodio è narrato da tutti e quattro i vangeli in tre forme diverse: Marco e Matteo, Giovanni, e questa di Luca. Mi è sempre piaciuta questa di Luca, perché ha una sua particolare struttura, che ne fa una sintesi del tuo Vangelo.
Gesù, tu vai a mangiare a casa di un certo Simone, qui chiamato il fariseo e da Marco il lebbroso. Le due qualifiche non sono necessariamente in contrasto, ma a noi ora non importa. Vai a mangiare a casa di costui, che è chiaramente una persona per bene, probabilmente anche una persona benestante. Il verbo usato da Luca è quello per i pasti nel triclinio, la stanza per i pasti con i convitati sdraiati su appositi divani o letti. Quindi Simone aveva un triclinio e i servi per badarci. Vi siete sdraiati e la cena è appena iniziata. Chissà che idee s’era fatto Simone su di te e su questa sua occasione. Ma non importa, perché le cose vanno molto diversamente. Infatti in questo pasto entra una persona imprevista e imprevedibile.
Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo”.
 
      Immagino il tuo sorriso divertito, Gesù, e la tua ammirazione per questa donna, perché tutto, in questa scena imprevista, è scandaloso almeno per tre ordini di ragioni.
Perché lei è una donna che entra del tutto ovviamente – senza velo e con i capelli sciolti in un luogo accessibile soltanto a dei maschi (i conviti, pranzi o cene, erano solo maschili, le donne che venivano ammesse erano nella condizione delle schiave o delle prostitute o di femmine assimilate alle prostitute, come le ballerine, ma in quel pasto c’eri tu, un rabbi di Israele, quindi niente donne); in secondo luogo perché entra di prepotenza, non invitata né gradita, ma fiduciosa che la tua presenza l’avrebbe protetta, e che, proprio perché ci sei tu, Gesù, lei può entrare senza ostacoli; in terzo luogo in ordine alle tre azioni che compie nel silenzio che l’ha accolta nel triclinio. Infatti, Gesù, il silenzio è il dominatore di questa scena. Il silenzio senza ascolto e il silenzio con l’ascolto straordinario che nasce dalla fede di quella donna per te, Gesù di Nazareth, l’Amore del Dio vivente.
Seguiamola.
Lei entra e nel triclinio e come appare nella sala si fa silenzio. Tutti tacciono e la guardano. Dentro questo silenzio, lei va ai tuoi piedi, sdraiato sul letto del pasto, ti prende i piedi e inizia a baciarli, a bagnarli di lacrime, ad asciugarli con i suoi capelli, per cospargerli di unguento profumato: il costoso nardo indicato negli altri vangeli. In Luca, nel testo greco, è specificato solo il vaso di alabastro che lo contiene, un classico porta unguenti di lusso.
Questa scena evoca molte cose, specialmente i comportamenti da schiava a padrone, ma in questo specifico caso quei comportamenti sottomessi sono totalmente oltrepassati dalla libertà di questa donna che ti rende un omaggio d’amore a cui nessuno la obbligava, omaggio reso unico da quelle sue lacrime, e che la mette in seria difficoltà pubblica. 
 
Lei è una esclusa, una “donna peccatrice”, e qualunque cosa questa frase significhi vuol dire che dal punto di vista sociale è una disabile, una femmina umana di cui e verso cui c’è pubblica disapprovazione. Il che significa che meno si fa notare e meglio vive.
Quel giorno si mette a fare una serie di azioni verso di te, Gesù, azioni con cui si compromette pubblicamente per te, ti compromette e, così, si taglia ogni ponte alle spalle. Tutti la condannavano e tutti la condannano anche di più adesso. Tutti i maschi, almeno, perché in quella sala ci sono solo maschi. Quasi tutti, veramente, perché ci sei anche tu.
Questo della condanna è sicuramente uno dei due significati del “commento pensato” che Luca riporta e che doveva essere trasparente nel viso e negli occhi di Simone persona per bene: “Questa qui è venuta a farsi conoscere per quella che è, proprio qui a casa mia, solo perché c’è questo presunto profeta Galileo. Ma me la pagherà”.
Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!’.
L’altro significato è proprio quello relativo a te, Gesù, e alla facilità con con cui tu “te la fai” con persone di ogni tipo e risma, il cui peggio del peggio è proprio lei, questa ‘donna che ti tocca’; chiaramente tu, se ne accetti l’omaggio, non sai chi è costei e, altrettanto chiaramente, questo omaggio è umiliante per te, perché ti compromette con una donna messa peggio di una schiava. 
In conclusione: sei un ingenuo e non sei un profeta. Simone ci ha pure provato a stabilire un legame con te. Ma tu sei così, te la fa con gente del genere, allora con te e di te non si può far nulla.
Tutto questo accade nel silenzio.
Un silenzio che sembra trasformarsi in sordità, cecità, esclusione.
Silenzio che sembra ribadire la disabilità sociale e la condanna morale di questa donna che ti riconosce come bellezza da amare e da cui farsi proteggere. E che accetta ogni conseguenza per questa sua scelta.
Ma tu, Gesù, non ti arrendi mai al male.
La seconda parte dell’episodio è un dialogo a tre: tu, Gesù, come protagonista, Simone il Fariseo come deuteragonista e la donna come antagonista.
Gesù, tu ti comprometti per l’amore che ti viene donato. Lo fai sempre e, sempre, non accetti l’esclusione e ti metti in primo piano per difendere chi è nell’esclusione, specie se mostra amore. Lo fai sempre, e ti poni al centro della situazione. Tanto più quel giorno con quella donna e con Simone.
Tu vuoi la pace e la vuoi nei cuori, non solo nelle parole.
Senza te, Gesù, non c’è alcuna pace.
Simone il Fariseo è il protagonista di secondo piano, perché subordinato all’azione di salvezza che tu, Gesù, compi e ti viene dietro perché tu sei “il più forte”.
La donna è l’antagonista.
Lei entra in scena contro Simone e contro tutti i maschi in sala. Il suo ingresso in quella stanza e il suo silenzio sono un’accusa contro di loro, contro questi maschi che pubblicamente la disprezzano e privatamente la cercano e la desiderano.
Ma per quel che ne sa lei, come fa quel che fa si mette in posizione antagonista anche verso di te, Gesù. Perché è indifferente all’imbarazzo e al fastidio che ti crea, e perché lei fa una differenza tra te e gli altri.
La differenza tra te e gli altri maschi è che lei di te, Gesù, del Maestro di Nazareth si fida, e lo ama con una fiducia e un abbandono radicali che ti vuole testimoniare nel modo più compromettente possibile. Chiaramente si sente amata da te, Gesù, e te lo dice pubblicamente, sfidandoti ad accettare questo suo amore scandaloso e libero. 
 
Ma tu, Gesù, sei il sovrano unico e santo dell’amore e lo riconosce sempre, subito; così nel silenzio di quella stanza riconosci che quella donna ha la scienza dell’amore e sa diffonderla ovunque, insieme con il profumo dell’unguento.
Ascolta l’amore che ti viene offerto e lo accetti, insieme alla libertà della donna che ti offre se stessa pubblicamente.
E la metti al centro della vita, la sua, di Simone, dei suoi amici, delle loro famiglie e relazioni tutte riunite in quel triclinio.
Fai l’esempio del debito condonato, un esempio semplice, su cui c’è poco da dire, e poi indichi la donna (che immagino stia continuando a ungerti e a baciarti i piedi e a piangere, ma che non può non ridere e gioire, nel suo cuore, alla parole del suo amato Rabbi di Nazareth) e indichi i suoi comportamenti come centrali, come i comportamenti di riferimento.
«Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
 
Le tre cose che contrapponi a Simone sono i tre doveri dell’ospitalità:
- dare l’acqua per i piedi, sporchi e impolverati di chi ha camminato;
- dare un bacio di benvenuto fraterno e d’amore;
- ungere il capo dell’ospite con una goccia d’olio, riconoscendolo come inviato da Dio, unto da Dio e mandato a noi.
Di questa accoglienza Simone non è stato capace, la donna sì. Ma l’esaltazione del comportamento della donna non si ferma lì. La donna è “una peccatrice”, se non lo fosse non avrebbe fatto quel che ha fatto e non avrebbe reclamato con così tanto vigore la sua libertà di amarti, Gesù. 
Tu ne prende atto, e.
«Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
La donna peccatrice è, ormai, la protagonista e lo è perché così vuole la misericordia di Dio, che sei tu incarnato, tu, quel Rabbi di Nazareth che vede il nostro cuore e lo conosce meglio di come noi neanche siamo capaci di pensare.
Infatti il cuore di questa donna è aperto all’amore, per questo ha molto peccato. Attraverso e grazie a Gesù adesso sa che ha molto amato e questo amore le dona il coraggio che serve per amare sempre di più.
Ma ha molto peccato! È una peccatrice! Va condannata!
Certo che è peccatrice, ma lo è proprio per l’amore che ha dato, venduto, scambiato, regalato, rubato. Se si vive molto trafficando con l’amore il rischio di peccare è sempre molto alto. Ma contro il peccato c’è sempre la misericordia, l’amore di viscere e cuore, che Dio ha per noi e che sei tu, Gesù, che ci salvi sempre nella misura dell’amore che abbiamo vissuto e trafficato. Se pecchiamo poco, invece, è perché amiamo poco, perché vogliamo essere perfetti e allora siamo molto poco in cerca di questo Dio che si trova solo presente nelle nostre sorelle e fratelli.
E in tutti i loro, e nostri, errori e fallimenti.

E vale sempre la pena ricordare, Gesù sposo, che il primo santo della tua Era di Cristo è un ladro e assassino che non si è pentito, né era “buono”, ma ti ha riconosciuto come re e come giusto quando ti ha visto appeso a una croce uguale alla sua, e insieme ricordare l’ammonimento fondamentale che tu ci dai: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio». (Mt 21,31b)


Tre domande, Sposo, da fare a tutte e tutti.

1° Qual è il rapporto tra me e l’amore, cioè la misericordia di Dio?
(Come amo? Quanta forza metto nei miei tentativi di amare? Faccio attenzione alla libertà che è la stessa cosa di amare? e solo alla libertà per me o la cerco anche per l’altra persona accanto e di fronte a me? E come cerco la libertà per chi è davanti, accanto e di fronte a me? Quanto egoismo metto nell’amore? Quanto sono in grado di capire i miei atteggiamenti nell’amore? Quanto prendo esempio dalla vita di Gesù, come in questo caso? Quanto ci prego?)

2° Scelgo l’amore e i suoi rischi?
(C’è rischio ad amare? Gesù ha rischiato ad amarci? Preferisco amare o preferisco non rischiare? Voglio essere perfetto e non peccare o voglio amare? L’amore tra esseri umani può essere senza peccato? Devo accettare il rischio di amare o devo proteggere la mia integrità e la mia purezza?)

3° So vivere l’amore e tutte le sue libertà?
(So come mi ama, Gesù? Accetto i suoi modi di amarmi o voglio essere amato sempre a modo mio? Giudico come Gesù mi ama? So che si può amare in molti modi? So accogliere e ascoltare chi ama in modo diverso da me? O chi ama in modi diversi dai miei sbaglia sempre e devo costringerlo ad amare come dico io?)
 
ciao r
 
 

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