Gesù, ricordi

Gesù, ricordi quel viaggio con tua madre? 

 

Eri appena concepito e lei, Maria, con te fresco in pancia sgambetta fino a Giuda, laggiù nel paesucolo della cugina. Ma certo, era giovane e sana, lo poteva fare.
Era una ragazza di buon senso, con tanto coraggio e umiltà, non aveva paura di metterti in gioco, non temeva di rischiare la vita del "Figlio dell'Altissimo" in un viaggio lungo e faticoso.
E poi, sono sicuro, lei ti ha parlato, ti ha raccontato tutto, mentre succedeva.
Sì, Gesù, sono sicuro che lo ricordi quel viaggio dalla cugina Elisabetta.

Lc 1, 39-45
"
Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
".

Gesù, due soli punti sento di dover sottolineare. Su due sole note suona il mio cuore al tuo tocco.

«A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?».
La prima è la domanda, piena di grazie, che Elisabetta rivolge alla giovane cugina.
I pittori hanno rappresentato questa coppia di donne nelle varie sfumature della riverenza al sovrano. Ma sono sicuro che non è così.
Elisabetta stava entrando al settimo mese, la gravidanza si faceva impegnativa, e la giovane cugina, bella simpatica  e buona (tutte cose che non guastano, anzi), le compare davanti all'improvviso. Lei è davvero così contenta che,

ma il bambino le sobbalza in pancia e tende un braccino all'esterno, l'aria è più tersa, il cuore batte più veloce, i suoni sono netti, più musicali, e Maria, Maria è molto più bella di come la ricordavo, devo, devo dirlo: "A cosa devo che la madre..."

Gesù, dovremo ringraziarti con la stessa prontezza ogni volta che stai con noi e ci aiuti a pregare. Con la stessa gioia d'amore, perché la preghiera è sempre un amplesso con Dio, un momento di felicità reciproca, un dono d'amore.
Che chiede la vita che riceve, e la riceve molto più abbondante di quanto mai avremo chiesto.
Perché ci sei tu, Gesù, fonte e strada e vita d'amore.

La seconda corda del mio cuore che tu suoni è la bella benedizione di Elisabetta a Maria.
«E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Elisabetta vede una sola cosa in Maria.
La fiducia in Dio, la sicurezza che se Dio parla va creduto, con il più semplice abbandono.
Anche se, umanamente, questa parola di Dio non è così chiara e limpida come vorremo.
Ma tua mamma, Gesù, sapeva ascoltare, sapeva credere alla Parola di Dio indirizzata verso lei.

Tua mamma era così povera di sé stessa che era in condizioni di accogliere chiunque, anche Dio, e per questa sua povertà può vedere la Parola di Dio che la chiama.
Accoglie questa parola e la sceglie, mettendosi contro tutte le  etiche, sue e di chi la circonda, pur di stare d'accordo con te che stavi per arriverle nell'utero, e con Dio.
Questa semplicità d'amare è Maria di Nazareth, e per questa povertà ti è madre, Gesù, come "una colomba, che sta nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi".

 ciao r


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