Tenetevi pronti ...

... all'amore.


Ascoltiamo davvero la Parola che Gesù ci racconta e che una tradizione di quasi duemila anni ci ha trasmesso? La ascoltiamo con tutto il nostro “cuore”? Con la nostra vita intera?

«Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».





La 1° domenica di Avvento.

Il “capodanno” liturgico. Ricomincia l’anno della Parola di D** tra di noi, così come ci è stato trasmesso attraverso quasi 2000 anni di storia.
E quale storia!
Incredibilmente importante nelle nostre sorti umane e pure a causa – forse sopratutto a causa - di questa parola di D** trasmessa e tradìta con il nome di Cristo, cioè della funzione che una parte di Israele attribuì a Gesù di Nazareth, profeta grande in parole e opere vissuto tra l’impero di Cesare Ottaviano detto Augustus (il venerabile, colui che accresce la nostra ricchezza) e suo figlio Tiberio.
Gesù di Nazaret che, appunto, fu crocifisso e morì sotto Tiberio e mentre Ponzio Pilato era “Procuratore” della Giudea.
Gesù di Nazareth, il Cristo di D**, il Mesiah di Israele, colui il cui corpo non è mai stato trovato e così la basilica del Santo Sepolcro è stata edificata attorno a una tomba vuota.



Mt 24,37-44
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo
».





C’è un inizio potente.
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo», allo stesso modo dei giorni di Noè, così anche “noi” mangeremo, berremo, lavoreremo, dormiremo, faremo l’amore, ci uniremo e ci separeremo. Faremo tutte le cose che facciamo sempre, fino a che...
Fino a che. Importante questo “fino a che”, teniamolo presente.



A questo inizio potente e inquietante del brano che cerchiamo di ascoltare – non ci saranno segni, non avremo segni, di nulla ci accorgeremo; infatti sarà come ai tempi di Noè, quando tutti lo prendevano in giro per quello che faceva… – a questo inizio potente segue una seconda parte più familiare, ma molto inquietante anch’essa. Difficile da ascoltare.
Ci saranno due persone, una verrà presa e l’altra lasciata: in due saranno nei campi, in due saranno al lavoro in fabbrica. Due saranno vicini chiedendo l’elemosina per arrivare all’indomani. Due, invece, staranno al loro lavoro d’ufficio. Altri due staranno occupandosi di chi soffre e ha bisogno di cure. Due invece staranno amandosi, mentre quegli altri due staranno litigando…
Uno verrà preso e l’altro lasciato. Uno verrà strappato via e l’altro continuerà in qualche modo.
Dove? Da chi? Di che cosa parla Gesù?
Un doppio inizio inquietante che non serve a se stesso. Gesù non ci sta preparando alla “fine del mondo”, ma per niente affatto.
In realtà sta rispondendo alla domanda precisa: “Ma quando avverrà tutto questo, maestro”? E Gesù non solo non indica date, ma offre una risposta inquietante che non serve a se stessa.
Infatti questo doppio inizio inquietante serve ad altro.
Non è utile “di per sé”.
Notate come non preannunci nulla. Ci dice che non saremo mai pronti, che sarà come un giorno normale, fino a che...
Gesù ci avverte, ci offre una parabola che è utile a svegliarci, ad avvertirci circa il nostro atteggiamento. Circa la nostra vita.

 

Noi viviamo, ma non sappiamo né il giorno né l’ora.
Una frase famosa, una frase che letteralmente non è qui ma viene pronunciata poco dopo, una frase che in realtà è già dentro questi versetti ed è diventata quasi un luogo comune o un proverbio, come davvero molte parole di Gesù.
Non sappiamo né il giorno dell’ora.
Ma di che cosa?
Della Venuta di Cristo, Re trionfante di tutta la gloria di D**? Non sappiamo quando sarà la fine di ogni tempo e tutto ritornerà a D**?
Oppure non sappiamo nulla della nostra morte individuale? Di quell’arrivo a cui tutte e tutti siamo chiamati e dove - più o meno - dove ci immaginiamo di dover fare i conti con la nostra vita.
Quando, speriamo e temiamo, dovremmo “render conto” di ciò che abbiamo fatto e non fatto, affermato e negato, ma non è chiaro in realtà di che cosa dovremmo rendere conto, e a chi.


A me non pare.
Mi sembra che Gesù centri la sua narrazione su una frase molto precisa.
«Cercate di capire questo:..»
Frase fondamentale… «Cercate di capire...» Ma che cosa?
Lo dice subito dopo… “Se il padrone di casa sapesse ...”.

Gesù ci avverte che lui viene come un ladro, come un amante, come un segreto. Gesù ci dice che arriva e non sappiamo quando arriva. Ci dice che viene di notte, che viene di sorpresa, che viene mentre noi stiamo facendo altro.
Viene a prenderci tutto e a portarlo nel cuore di D**.
E se non c’è niente da prendere? Se, dopo aver scassinato la porta di casa ed essere entrato, Gesù scopre che non c’è niente da prendere? E, mentre Gesù arriva come un ladro, noi, noi cosa dobbiamo fare?
Che cosa dobbiamo fare, noi?
Quel padrone di casa, dice Gesù, “veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa”.

Non possiamo prepararci, certo. Non alla fine del mondo, né alla nostra morte.
Ma non possiamo prepararci alla nostra vita.
Ci distraiamo un secondo e ci troviamo innamorati perdutamente di una donna, di un uomo, di un “chi” di cui sappiamo nulla, o ben poco.
La vita ci coglie di sorpresa, entra a casa nostra, scassina e prende tutto.



Non possiamo prepararci alla vita, ma Gesù ci dice che, in realtà, possiamo essere pronti.
Possiamo essere pronti ad accogliere Gesù il ladro, lui che viene di notte a prenderci tutto e, anziché fargli perforare la casa, gli apriamo la porta e lo facciamo entrare e gli offriamo tutte le nostre ricchezze.
Possiamo “essere pronti” e quindi dobbiamo “essere pronti”.
Dobbiamo stare nel mondo come se non ci stessimo.

Dobbiamo vivere intensamente la vita, ma con quieta indifferenza.
Dobbiamo godere intensamente il mondo, ma non dobbiamo basare la nostra vita sul mondo.
Soltanto su D** e sulla sua Parola, Gesù di Nazareth, il Mesiah di Israele, il Crocifisso e Risorto.

Questo, mi sembra, significa il senso della parola “vegliare” nell’uso che ne fa Gesù in questa ricca serie di parabole e narrazioni aggrovigliate insieme che ci presenta in questo brano.

Vivere ogni momento con intensità, ma restando indifferenti alla sorte che si è imperatori oppure schiavi, ricchi oppure poveri, felici oppure tristi, uomini oppure donne. Sapendo tutte le differenze, ma restando liberi dai loro pesi.

Gesù vuole che viviamo la vita con pienezza, ma non basando la nostra vita sul mondo e sulle sue differenze, ma solo su D** e sul suo amore, sempre diverso e sempre audace.
Sempre libero.

Gesù ci invita a vivere il nostro “qui e ora” con pienezza, ma perfettamente disposti a cedere tutto al Ladro divino che si presenta alla nostra casa. A questo Ladro bellissimo, sorridente, potente di tutto l’Amore infinito che è D**.
Potente di tutto l’amore, cioè.
Gesù, a cui finalmente potremo felicemente affidare la nostra veglia per il suo ritorno, e per questa sua vittoria su di noi.
Per noi.


ciao r





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