Epifania di ...
Gesù, tu sei quel
bambino, piccolo, affamato di sua madre e della sua vita, del suo
corpo e delle sue carezze, del suo cibo e della sua tenerezza.
Legato vivente alla
sua custodia di te.
Siete ancora a
Betlemme, ma avete trovato una casa. Un poco in periferia, lontana
dalle altre, ma una casa.
Tutto è normale:
sei un bambino tra gli altri, come tanti altri nella città del re
David.
Poi arrivano queste
persone misteriose.
Sono vestiti in modi
diversi, molto più lussuosi, ma non sembrano farci caso, e parlano
altre lingue.
Non te ne preoccupi.
Sei un bambino e tua madre ti protegge e ti accudisce. Ti aiuta come
sa, con sapienza umile, con amore e attenzione.
Ma tutte le donne di
Betlemme guardano quegli stranieri, le loro vesti, i loro cortei, la
loro eleganza, come tutti gli uomini si preoccupano di questi
personaggi vestiti come re e accompagnati da guardie e custodi
armati, proprio come i re.
Vogliono te,
vogliono vederti, vogliono indagare di te, vogliono conoscerti. Sono
venuti da lontano e sono abituati a chiedere e a ottenere. Ti
proclamano re e ti vogliono conoscere per raccontarti e precederti
sul tuo trono.
La cosa sembra
importante, santa, ma tua madre si sottrae e ti sottrae.
Lei sa che tu devi
essere protetto, sei un bambino, sei il suo bambino e nessun
straniero vestito lussuosamente può approfittare di te, può
indagarti. Tu sei un dono: i regali si accettano, non si analizzano.
I tre chinano il
capo all'autorità sapiente di Myriam, tua madre, e ti lasciano tre
semplici doni dai numerosi significati: oro, il metallo dei re,
incenso, il profumo di Dio, mirra, il balsamo per proteggere il corpo
dalla morte.
Tua madre ricambia
la generosità dei re magi e regala a ciascuno di loro un pezzo delle
tue fasce, un pezzo del lino che ti ha coperto e protetto.
Loro vanno via
contenti, parlando nella loro strana lingua.
Appena sono andati
via Giuseppe ti guarda e poi guarda Myriam. Tua madre annuisce.
Dovete andare via. Questa visita così strana e rumorosa è stata
notata da tutti e voi non volete farvi notare. Dovete stare nel
silenzio e nella vita nascosta.
Così andate via.
Forse fate il giro
lungo dall'Egitto, forse no.
Ma poi, comunque, vi
stabilite a Nazareth.
La tua città, Gesù;
Gesù di Nazareth, da dove hai iniziato a conquistare la Terra e tutta la vita
al tuo amore.
A D**.
"Nato
Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi
vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è
nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo
venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato
e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli
scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva
nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché
così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di
Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo,
Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese".
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese".
Lettera testamento
di Melquior a sua figlia Laily
Mia amata Laily,
figlia mia.
Quando leggerai
questa lettera sarò nel cuore del Divino Tutto, nel Brahman pace e
tranquillità. Sarò immerso nella illuminazione quieta e attiva da
dove ti potrò assistere nel cammino notturno che hai iniziato.
Mi hai sempre
chiesto del nostro viaggio. Di quel pellegrinaggio che percorsi
quarant'anni fa con Balthasar e Khasparr.
Ero giovane e non
ero sposato, ma avevo già conosciuto tua madre.
Solo che pensavo di
dedicare la vita alla conoscenza del Divino Tutto, il Brahman,
seguendo le indicazioni e l'insegnamento di Balthasar e Khasparr, più
grandi di me e già esperti nella illuminazione e nelle discipline
della meditazione del Brahman.
Ma facemmo quel
viaggio e tu sei nata da questa scelta, da quell'evento.
C'era una
congiunzione di stelle.
Sai la ricerca nei
cieli e sai le carte delle osservazioni.
Quel che non sai è
la durezza e l'asprezza di quella luce.
Annunciava cose
nuove. Cose incredibilmente, spaventosamente nuove. Da averne paura,
eppure da desiderarle.
La novità dura di
quella luce colpì solo noi tre.
Altri come noi
videro la congiunzione e percepirono qualcosa di diverso, di strano.
Ma non quella asprezza, quella durezza che ci imponeva di andare.
Seguimmo la luce e
cercammo l'annuncio.
Ci mettemmo tre
anni. Un anno intero, il primo, ci servì soltanto per orientarci
sulla luce, per capire che strada dovevamo dovevamo prendere dalla
Bactriana, in quale direzione andare rispetto al sole.
Alla fine capimmo
che dovevamo andare verso le terre del tramonto, dove i Romani
dominano e governano una pace costruita dal terrore e dalla
profusione di sangue.
Così partimmo,
temevamo e tuttavia eravamo contenti: andavamo verso un avvenimento
grande e misterioso, verso un annuncio proveniente dal Brahman per i
nostri karma. Andavamo verso una liberazione e una illuminazione.
Qualcosa che dovevamo vedere, onorare, capire.
In due anni
giungemmo alle sponde del mare Interno, quello che i Romani chiamano
Mediterraneo, e ci arrivammo proprio nelle terre dei giudei o ebrei.
Alla partenza sapevamo qualcosa dei giudei.
Popolo indocile e
ostinato. Popolo sempre ribelle e legato a una strana idea del
Brahman visto da loro come loro Dio personale, fedele solo alla loro
gente e nemico di tutti gli altri popoli.
Ma in realtà non ne
conoscevamo lingua e tradizioni.
Arrivati a
Persepolis avevamo capito che la nostra meta era proprio il regno dei
giudei governato dal dominio romano. Così in quella grande città
cercammo una guida e incontrammo un mercante giudeo, persona nobile,
colta e intelligente, che ci fece ci insegnò la sua lingua e le sue
tradizioni e ci guidò verso la sua terra.
Così cambiammo idea
su di loro, almeno in parte.
Di sicuro scoprimmo
che avevano una grande tradizione di racconti e raccoglimenti,
rivelazioni sul Brahman, cose che meritavano di essere conosciute e
meditate, almeno in gran parte, tradizione che loro chiamavano “I
libri”, Biblios nella lingua dei Greci.
Così arrivammo alla
loro città, Gerusalemme.
Alle vicinanze di
quella città la luce scomparve e non sapevamo più dove andare.
Come se in cielo
quella esplosione immane di luce incandescente si fosse spenta e quel
fuoco divino fosse finito.
Ci disperammo, ma il
nostro amico giudeo ci consiglio di avere fiducia e andare nella
capitale, di chiedere lì. Così arrivammo a Erode.
Si proclamava Re dei
Giudei ma non era un giudeo, anche se faceva finta di esserlo.
Uomo abile e
spietato, crudele di quella crudeltà dei deboli, di chi è soggetto
a un potere che non può vincere e da cui cerca vantaggi.
Dalla sua corte
avemmo l'informazione e andammo a Betlemme dove ritrovammo la luce.
Laily carissima, mio
amore e mio tesoro.
Lì vedemmo il re
dei Giudei, il sovrano di tutto l'Universo vivente, il Signore dei
karma.
Un bambino, in una
culla piccola, avvolto in fasce di lino, quasi senza protezione dal
freddo se non il corpo caldo e bello della sua giovanissima madre.
Chiedemmo nella loro
lingua di poter esaminare il bimbo.
La madre ci guardò
e poi volse lo sguardo sul figlio e carezzò quel bimbo nella culla.
Il bambino volse il capo verso di lei e le sorrise, con un lieto
mugolio della sua vita.
Quella giovane donna
scosse la testa, lievemente, con dolcezza e ci guardò negli occhi:
“È piccolo e deve
restare nascosto; ancora deve crescere. Non so chi è. È mio figlio,
un regalo. É suo Figlio, un suo regalo. Nulla c'è da indagare in un
regalo, bisogna solo accoglierlo e viverlo. Vi prego andate via; vi
ringrazio di essere venuti fin qui per conoscerlo, ma avete già
fatto troppo rumore”.
Allora capii il
silenzio di D**, la solitudine d'Amore del Brahman che cerca i nostri
amori perché è troppo amore da solo.
Il Brahman s'è
incarnato, ha preso la vita karmica di un piccolo bimbo giudeo di
nome Gesù figlio di Myriam.
Tornammo.
Non abbiamo più
saputo nulla di lui. Ma so che la sua voce ti raggiungerà, tra poco.
O raggiungerà tua figlia Raha, la libertà bella. So che nulla è
più come prima, adesso che il Brahman ci ha raggiunto come un umano.
Ma ho anche capito che la sua strada non è quella dei dominatori di
questi karman.
La via di Brahman
non è quella di Iskander il guerriero più forte, colui che dalla
Grecia giunse fino a noi vincendo ogni guerra e ogni battaglia.
Venendo sconfitto solo dal suo karma.
La via di Brahman è
quella dell'umiltà e della verità, del silenzio e dell'amore.
Quattro cose che
sembrano contraddittorie eppure devono restare sempre unite.
Come vidi in Myriam
madre di Gesù, colei che conobbi a Betlemme al tempo della nascita
del Re dell'universo in un casa povera, alla periferia della città.
Per questo mi sposai
con tua madre e avemmo te. Tua madre morì nel darti alla luce e ti
ho allevata io, nel silenzio dell'umiltà e nella verità dell'amore.
Tu stai seguendo
questa strada ed essa è in te.
Portati dentro
questo racconto e trasmettilo a tua figlia. Quando vi arriverà la
sua voce saprete ascoltarlo, separando il suo sorriso da altri rumori
e altre voci.
La vita benedice la
vita in te e nella tua bellezza, e la morte non esiste per chi è
libero di amare.
Tuo padre che ti ama
Melquior
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