5° domenica del T.O. Come essere cristiani, come essere tuoi.
Essere tuoi, scomparire nell'amore.
Difficile questo tuo bell'annuncio, mio Re, Sposo.
Difficile perché semplice, elementare. Una bambina può capire. Ma noi siamo adulti, pieni di responsabilità e di furore. Noi che sappiamo, noi che vogliamo governare il mondo e la natura, noi che vogliamo deporli ai tuoi piedi finalmente perfetti. E non sospettiamo che tu sei sceso tra noi per amore.
Soltanto per amore.
Soltanto per amore.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi
siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che
cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere
gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Gesù, è così? È davvero così?
I
cristiani non dovrebbero essere visibili.
Tu mi fai domande.
"Si
vede la luce?"
Ovviamente
no. Si vede il mondo attraverso la luce e non la luce di per sé.
"Si
sente il sale?"
Altrettanto
ovviamente no. Il sale accentua il sapore del cibo e non lo modifica,
snaturandolo. Se
resta soltanto il sale non possiamo mangiare.
Detto
questo potrei anche fermarmi qui, Gesù Sposo, e non procedere oltre le tue parole.
Siamo
il sale della terra e la luce del mondo.
Allora pace a noi e allegria noi, se …
Allora pace a noi e allegria noi, se …
Se.
Però
c'è questo “se ...” e allora qualcos'altro va detto.
Paolo
ricorda agli abitanti di Corinto, nella sua prima lettera indirizzata
a loro, che non è arrivato con alcuna potenza umana, fosse anche
solo quella retorica, della parola, affinché la fede dei Corinzi
fosse fondata sulla potenza del tuo Spirito e non sull'abilità di
Paolo uomo.
Noi
ascoltiamo e pensiamo a una “falsa modestia”, a un farsi da parte
di
Paolo per
far vedere altre cose.
Per
cui, Gesù mio, siamo sicuri che Paolo era sicuramente un grande retore.
Forse.
Forse
invece Paolo, magari, non sapeva parlare ma aveva solo l'urgenza di
comunicare che tu, Gesù, il suo Gesù, è qui con noi. E nulla possiamo allora temere.
Perché
Paolo
è stato acceso da te e ha portato la tua luce, di
cui stava bruciando, fin dove ha potuto.
Noi ricordiamo Paolo.
Dovremo
soltanto
ricordare te, amore Sposo, te Gesù.
Ascoltiamoti.
Noi
siamo il sale del mondo.
Nostro
compito è dare sapore e scomparire, in quanto sale che da sapore.
Restano
i
cibi, non noi.
Restano
altri sapori, non il nostro.
Restano
altre presenze e non la nostra.
Devi rimanere tu, Gesù, vivo tra i viventi e amato e cercato da ciascuna ciascuno e sempre ”a
modo suo”, secondo
le esigenze e i bisogni di ciascuna e ciascuno.
Invece
noi ancora diamo patenti e diciamo: “tu sei un buon pezzo di sale”
…
Ma
come
facciamo a dirlo, mio Re? come osiamo dirlo?
Se
ancora non ho salato nessuno, come
si può dire se sono un “buon pezzo di sale”?
Se
ancora la mia identità di sale è
intatta e non si perde, come
faccio a dire che sono un buon sale?
Non
dovrò confondermi,
perdermi
nel
cibo che devo salare?
E così, quando ho salato bene il cibo, io non rimango più “io”, rimani solo tu, Gesù; ma allora non posso essere premiato perché la bellezza del tuo amore ci riempie.
E così, quando ho salato bene il cibo, io non rimango più “io”, rimani solo tu, Gesù; ma allora non posso essere premiato perché la bellezza del tuo amore ci riempie.
Noi
siamo il sale del mondo e il sapore che diamo non è nostro, ma è il tuo sapore, quello di Dio.
Noi
siamo la luce del mondo.
La
luce non resta nascosta, la luce si diffonde nelle tenebre.
Così
non possiamo stare
nascosti dentro
il secchio con cui prendiamo qualcosa.
Dobbiamo
stare in alto, perché la nostra luce arrivi ovunque e “il mondo”,
le persone attorno a noi, possano vivere e operare senza pensare più
a noi.
Dobbiamo
perderci nelle tenebre e fare “luci e ombre” attorno a noi, senza
pensare più a noi.
Dobbiamo lasciar lavorare te, attraverso di noi e non dobbiamo lavorare noi con la scusa del tuo nome.
Ma
allora,
cos'è questo
nostro
essere cristiani?
È
essere come te, Gesù, essere parte della luce che dà sapore e riempie la vita di sensi,
di tutti quei significati diversi e plurali che possono essere
ricollegati a quella parola totem che è amore.
Ma
senza cambiare
troppo tutte queste cose, e
senza giudicarle
in
nulla.
Gesù, tu affermi di essere
venuto a rendere vera, a
dare compimento
alla
Parola Antica, quella di Isaia che ancora ci risuona dentro:
Se
toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore...
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore...
Ecco,
noi siamo cristiani se amiche-amici tuoi, Gesù, e quindi amiche-amici di Dio.
Ma questo diventa vero solo
se
sappiamo togliere di mezzo a noi l'oppressione,
se sappiamo levarci
l'abitudine di puntare il dito per accusare (tu sei omosessuale
quindi non sei cristiano, tu sei drogato quindi non sei cristiano, tu sei ...)
se siamo capaci di abolire ogni parlare
empio (com'è empio parlare di guerra, o di sfruttamento del lavoro,
o di assassinio di vite animali e vegetali e tutto solo per profitto,
e
specie se
“individuale”)
se apriamo il nostro cuore, cioè l'intimità della nostra
vita, a ogni affamata e affamato
se sappiamo saziare d'amore ogni
afflitta e afflitto di cuore.
Perché Gesù mio, tu sei sempre elementare, ti capisce anche una bimba.
Tu, Gesù, vuoi solo che noi siamo amore.
Soltanto.
È
così semplice.
Ciao r
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