Chi è senza peccato
Il male che c'è.
Gesù mio, Sposo, ho l'impressione che troppo spesso per nulla (o ben poco, ma è la stessa cosa e forse peggio) diamo retta alla forza e alla solidità - alla verità - delle cose che ci racconti, ci fai vedere e indichi, nella tua "bella notizia".
Così forse ci occorre sempre il tuo sguardo per essere sicuramente sinceri e autentici davanti alla tua domanda - affermazione sul nostro amore.
Perché ancora vedo troppo spesso volare pietre che sarebbe stato meglio restassero in terra.
A memoria e ricordo consapevole del male che c'è, in ciascuna e ciascuno di noi.
Ascoltiamoti.
"In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: « Neanch'io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»." (Gv 8,1-11)
Ti vedo, amore mio.
Arrivano, e tu li vedi arrivare.
Fai silenzio, perché stavi parlando e stavi istruendo, c'era qualche donna e qualche uomo accanto a te, ad ascoltarti.
Li vedo anch'io.
Arrivano tumultuanti, pieni di grida, e sorridono indignati nei gesti, sorridono di malignità negli occhi per la vittoria che pregustano.
Ti hanno incastrato.
La donna, lì in mezzo, è una cosa, un oggetto, un pretesto, è già morta e lei lo sa; un cadavere seminudo che cammina.
A parte lei, e le donne attorno a te, ci sono solo maschi in tumulto.
Maschi che gridano contro la puttana, quella che hanno in mezzo, che hanno portato davanti a te seminuda, accaldata, già morta.
Tu chini il capo e non guardi.
Tu non guardi la nostra miseria, orgogliosa e superba, che si sa vittoriosa, tu non guardi la nostra malignità, perché ti ferisce il cuore e il ventre.
Perché tu sai che è proprio in questo momento che stiamo perdendo tutto, insieme a quella donna diventata cosa, già morta.
Tu chini lo sguardo e ti metti a scrivere parole nella polvere e nella terra.
Cosa scrivi, mio Re? che cosa scrivi nella polvere e nella terra, amore mio?
Mi suggerisci che scrivi una poesia d'amore per quella donna, per la sua vita offesa, per il suo peccato d'amore così violentato dal peccato di odio di quei maschi non più uomini attorno a lei.
Scrivi i nomi d'amore di quella donna che conosci e non conosci.
Il tumulto cessa.
Ti fanno la domanda.
Il più anziano, ti pone il quesito. Sa di essere vincitore, è sicuro di sé: beffardo ti cita Mosè e la Legge. Ti sa già sconfitto e gode.
La donna è lì, in mezzo, una cosa già morta. Mi piace pensare che piange lacrime silenziose su di te, vedendoti sconfitto, morto come lei.
Tu scrivi i tuoi versi d'amore.
Loro tumultano.
Sentono il tuo silenzio come la loro vittoria e ti insultano, ti beffano, ti sfidano.
Tu scrivi.
Poi finisci la poesia d'amore per quella donna, ti alzi.
Li guardi.
Guardi negli occhi il più anziano: ebreo osservante, che digiuna due volte alla settimana e compie tutte le prescrizioni previste dalla legge. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita all'Insegnamento di Dio. Vedo la destra del vecchio, riempita di una pietra, imporre il silenzio e vedo il silenzio diventare vento e respiro.
Adesso sono pronti.
La donna ti guarda e tu guardi lei, la guardi negli occhi e parli a loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
E ritorni a scrivere nella polvere e nella terra la poesia di prima, la poesia d'amore per quella donna, adultera davanti a te.
La destra del vecchio si abbassa. Lentamente.
E la pietra cade a terra di colpo e fa rumore, molto rumore, un rumore che si sente ancora oggi.
Mi fermo qui.
Il resto è la tua storia d'amore con noi, è il realizzarsi della tua poesia d'amore alle nostre vite, il tuo "state buoni, se potete" gridato con ironia e gioia, con la felicità di vivere insieme a noi le nostre vite, piene d'amore.
Senza condannare chi sbaglia, ma aiutando a non sbagliare se ci affidiamo all'amore. Ma spesso è proprio l'amore che ci fa paura, spessissimo è proprio l'amore che condanniamo, quando ci fa paura perché "è diverso". Ma l'amore è sempre diverso, non è mai uguale a se stesso, cambia sempre.
Così, Gesù, aiutaci a non condannare mai più l'amore.
Tu ci insegni, Gesù mio Sposo e Re, non condannare mai l'amore, e allora aiutaci a viverlo: noi, infatti, non vediamo i tuoi occhi d'amore che ci guardano dentro e ci dicono la bellezza del nostro bene mentre dimenticano la malvagità del nostro male.
Così aiutaci a vedere i tuoi occhi d'amore negli sguardi diversi che abbiamo davanti a noi: negli occhi delle donne che condanniamo perché "amano troppo" e sono troppo audaci nell'amare, negli occhi degli uomini che condanniamo perché amano in modo sbagliato e sbagliano ad amare chi amano.
Aiutaci a vivere il tuo amore scritto nel tuo corpo d'amore.
Aiutaci a scrivere nella terra e nella polvere questo tuo amore, perché le tue parole di vita si incidano nei nostri corpi.
Liberaci.
ciao r
Gesù mio, Sposo, ho l'impressione che troppo spesso per nulla (o ben poco, ma è la stessa cosa e forse peggio) diamo retta alla forza e alla solidità - alla verità - delle cose che ci racconti, ci fai vedere e indichi, nella tua "bella notizia".
Così forse ci occorre sempre il tuo sguardo per essere sicuramente sinceri e autentici davanti alla tua domanda - affermazione sul nostro amore.
Perché ancora vedo troppo spesso volare pietre che sarebbe stato meglio restassero in terra.
A memoria e ricordo consapevole del male che c'è, in ciascuna e ciascuno di noi.
Ascoltiamoti.
"In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: « Neanch'io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»." (Gv 8,1-11)
Ti vedo, amore mio.
Arrivano, e tu li vedi arrivare.
Fai silenzio, perché stavi parlando e stavi istruendo, c'era qualche donna e qualche uomo accanto a te, ad ascoltarti.
Li vedo anch'io.
Arrivano tumultuanti, pieni di grida, e sorridono indignati nei gesti, sorridono di malignità negli occhi per la vittoria che pregustano.
Ti hanno incastrato.
La donna, lì in mezzo, è una cosa, un oggetto, un pretesto, è già morta e lei lo sa; un cadavere seminudo che cammina.
A parte lei, e le donne attorno a te, ci sono solo maschi in tumulto.
Maschi che gridano contro la puttana, quella che hanno in mezzo, che hanno portato davanti a te seminuda, accaldata, già morta.
Tu chini il capo e non guardi.
Tu non guardi la nostra miseria, orgogliosa e superba, che si sa vittoriosa, tu non guardi la nostra malignità, perché ti ferisce il cuore e il ventre.
Perché tu sai che è proprio in questo momento che stiamo perdendo tutto, insieme a quella donna diventata cosa, già morta.
Tu chini lo sguardo e ti metti a scrivere parole nella polvere e nella terra.
Cosa scrivi, mio Re? che cosa scrivi nella polvere e nella terra, amore mio?
Mi suggerisci che scrivi una poesia d'amore per quella donna, per la sua vita offesa, per il suo peccato d'amore così violentato dal peccato di odio di quei maschi non più uomini attorno a lei.
Scrivi i nomi d'amore di quella donna che conosci e non conosci.
Il tumulto cessa.
Ti fanno la domanda.
Il più anziano, ti pone il quesito. Sa di essere vincitore, è sicuro di sé: beffardo ti cita Mosè e la Legge. Ti sa già sconfitto e gode.
La donna è lì, in mezzo, una cosa già morta. Mi piace pensare che piange lacrime silenziose su di te, vedendoti sconfitto, morto come lei.
Tu scrivi i tuoi versi d'amore.
Loro tumultano.
Sentono il tuo silenzio come la loro vittoria e ti insultano, ti beffano, ti sfidano.
Tu scrivi.
Poi finisci la poesia d'amore per quella donna, ti alzi.
Li guardi.
Guardi negli occhi il più anziano: ebreo osservante, che digiuna due volte alla settimana e compie tutte le prescrizioni previste dalla legge. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita all'Insegnamento di Dio. Vedo la destra del vecchio, riempita di una pietra, imporre il silenzio e vedo il silenzio diventare vento e respiro.
Adesso sono pronti.
La donna ti guarda e tu guardi lei, la guardi negli occhi e parli a loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
E ritorni a scrivere nella polvere e nella terra la poesia di prima, la poesia d'amore per quella donna, adultera davanti a te.
La destra del vecchio si abbassa. Lentamente.
E la pietra cade a terra di colpo e fa rumore, molto rumore, un rumore che si sente ancora oggi.
Mi fermo qui.
Il resto è la tua storia d'amore con noi, è il realizzarsi della tua poesia d'amore alle nostre vite, il tuo "state buoni, se potete" gridato con ironia e gioia, con la felicità di vivere insieme a noi le nostre vite, piene d'amore.
Senza condannare chi sbaglia, ma aiutando a non sbagliare se ci affidiamo all'amore. Ma spesso è proprio l'amore che ci fa paura, spessissimo è proprio l'amore che condanniamo, quando ci fa paura perché "è diverso". Ma l'amore è sempre diverso, non è mai uguale a se stesso, cambia sempre.
Così, Gesù, aiutaci a non condannare mai più l'amore.
Tu ci insegni, Gesù mio Sposo e Re, non condannare mai l'amore, e allora aiutaci a viverlo: noi, infatti, non vediamo i tuoi occhi d'amore che ci guardano dentro e ci dicono la bellezza del nostro bene mentre dimenticano la malvagità del nostro male.
Così aiutaci a vedere i tuoi occhi d'amore negli sguardi diversi che abbiamo davanti a noi: negli occhi delle donne che condanniamo perché "amano troppo" e sono troppo audaci nell'amare, negli occhi degli uomini che condanniamo perché amano in modo sbagliato e sbagliano ad amare chi amano.
Aiutaci a vivere il tuo amore scritto nel tuo corpo d'amore.
Aiutaci a scrivere nella terra e nella polvere questo tuo amore, perché le tue parole di vita si incidano nei nostri corpi.
Liberaci.
ciao r
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