"Quel" re ed il tuo Regno
Che cosa chiedi, in cambio di te stesso.
Mio Re,
è tutto il giorno che cerco di sfuggire al tuo vangelo di oggi.
Arrivato alle 23,49 non fuggo più e mi consegno a te.
Che cosa dici nel vangelo di oggi? Che cosa ci chiedi, in questo vangelo così duro?
"In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme". (Lc 19,11-28)
Ci racconti una storia, abbastanza strana.
Certò, ci sono tutte quelle faccende esegetiche ... di come Luca scriva questa storia ... e di come invece Matteo ... o Marco ... ma lasciamo perdere.
Non ci interessa.
Ci interessa, a te ed a me, che io capisca e riesca a dire che cosa tu ci stai chiedendo qui, in questo vangelo così strano.
Leggo tre cose.
La prima è che tu sei uno che viene nominato Re molto lontano da casa sua.
Devi andare lontano, e vai lontano, per poter diventare Re; vai così lontano che devi affidare le cose di casa tua a dei servi. Non a gente della tua famiglia, a dei servi.
La seconda cosa è che hai opposizioni nella tua città. Da te, fino a casa tua nei tuoi servi, c'è gente che ti odia, non ti riconosce, e ti ostacola in tutti i modi.
La terza è che questa opposizione entra dentro le tue stesse scelte.
Non voglio capire tutto. Voglio capire solo quello che mi sembra il nodo forte, il fuoco divorante di questa parabola.
I dieci servi ricevono ognuno una moneta d'oro perchè la facciano fruttare visto che tu vai lontano per diventare Re.
Di questi dieci servi ci informi solo di tre. E di questi due si comportano bene, cioè fanno fruttificare il tuo oro, ed uno si comporta male, cioè non fa fruttificare il tuo oro.
Non sappiamo degli altri sette, ma possiamo supporre che la percentuale sia la stessa di questi tre. In due non ti hanno servito ma gli altri cinque sì.
E allora?
Allora ci chiedi di far fruttare il tuo oro.
Che cos'è quest'oro che dobbiamo far fruttare.
Certo è l'amore. Ma quale amore?
Quello per cui è assolutamente vero che chi ne ha ne avrà sempre di più e chi non ne ha perderà anche quel poco di amore che crede di avere.
L'amore di cui siamo fatto e che, spesso, ci disorienta profondamente perché si confonde nel sesso con tutti i sali ed i sapori della nostra esistenza. Quelli più amari, ma anche i più dolci.
Per cui non c'è paura di quel che ti puoi prendere, perché si sa che sei Re e tutto è tuo e tu doni liberamente ai tuoi amici, ma anche ai tuoi nemici, e li lasci liberi di amarti, se vogliono amarti.
Perché sei un Re strano.
Non ti fai incoronare da noi, ma in un paese lontano così noi possiamo non riconoscerti.
Ci lasci il tuo tesoro di monete d'oro e ti aspetti che le moltiplichiamo. E un terzo di noi non le moltiplica e ti restituisce il tuo dono impoverito e appassito ... e chissà quanti altri se lo spendono e non ti restituiscono niente. E di sicuro vanno meglio questi ultimi di quelli che impoveriscono ed abbrutiscono il tuo dono.
Sei un Re strano.
Non ti opponi a che i suoi concittadini manifestino odio contro di te, ma poi li uccidi davanti a te stesso. Fai diventare re come te i servi che ti hanno moltiplicato i talenti, ma senza accertare che cosa hanno fatto.
Così ci chiedi amore, un amore come quello che tu ci hai dato e ci dai.
Un amore senza rese e senza ricambi.
Un amore dato così liberamente che non ha bisogno di conferme, ma è in grado di uccidere l'odio solo mettendoselo davanti.
Perché l'amore uccide l'odio amandolo.
Ponendo l'odio davanti a se stesso e mostrandogli, così, la sua contraffazione delle realtà e della verità della vita, ponendo l'odio davanti alla sua stessa cecità e sordità di odio; e così si giudica da solo.
Perché davanti a te ci può essere solo amore che produce amore.
Dono di sè gratuito, fino alla morte.
Dono di sè che si fa vita, fino alla vita, fino a Dio.
ciao r
Mio Re,
è tutto il giorno che cerco di sfuggire al tuo vangelo di oggi.
Arrivato alle 23,49 non fuggo più e mi consegno a te.
Che cosa dici nel vangelo di oggi? Che cosa ci chiedi, in questo vangelo così duro?
"In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme". (Lc 19,11-28)
Ci racconti una storia, abbastanza strana.
Certò, ci sono tutte quelle faccende esegetiche ... di come Luca scriva questa storia ... e di come invece Matteo ... o Marco ... ma lasciamo perdere.
Non ci interessa.
Ci interessa, a te ed a me, che io capisca e riesca a dire che cosa tu ci stai chiedendo qui, in questo vangelo così strano.
Leggo tre cose.
La prima è che tu sei uno che viene nominato Re molto lontano da casa sua.
Devi andare lontano, e vai lontano, per poter diventare Re; vai così lontano che devi affidare le cose di casa tua a dei servi. Non a gente della tua famiglia, a dei servi.
La seconda cosa è che hai opposizioni nella tua città. Da te, fino a casa tua nei tuoi servi, c'è gente che ti odia, non ti riconosce, e ti ostacola in tutti i modi.
La terza è che questa opposizione entra dentro le tue stesse scelte.
Non voglio capire tutto. Voglio capire solo quello che mi sembra il nodo forte, il fuoco divorante di questa parabola.
I dieci servi ricevono ognuno una moneta d'oro perchè la facciano fruttare visto che tu vai lontano per diventare Re.
Di questi dieci servi ci informi solo di tre. E di questi due si comportano bene, cioè fanno fruttificare il tuo oro, ed uno si comporta male, cioè non fa fruttificare il tuo oro.
Non sappiamo degli altri sette, ma possiamo supporre che la percentuale sia la stessa di questi tre. In due non ti hanno servito ma gli altri cinque sì.
E allora?
Allora ci chiedi di far fruttare il tuo oro.
Che cos'è quest'oro che dobbiamo far fruttare.
Certo è l'amore. Ma quale amore?
Quello per cui è assolutamente vero che chi ne ha ne avrà sempre di più e chi non ne ha perderà anche quel poco di amore che crede di avere.
L'amore di cui siamo fatto e che, spesso, ci disorienta profondamente perché si confonde nel sesso con tutti i sali ed i sapori della nostra esistenza. Quelli più amari, ma anche i più dolci.
Per cui non c'è paura di quel che ti puoi prendere, perché si sa che sei Re e tutto è tuo e tu doni liberamente ai tuoi amici, ma anche ai tuoi nemici, e li lasci liberi di amarti, se vogliono amarti.
Perché sei un Re strano.
Non ti fai incoronare da noi, ma in un paese lontano così noi possiamo non riconoscerti.
Ci lasci il tuo tesoro di monete d'oro e ti aspetti che le moltiplichiamo. E un terzo di noi non le moltiplica e ti restituisce il tuo dono impoverito e appassito ... e chissà quanti altri se lo spendono e non ti restituiscono niente. E di sicuro vanno meglio questi ultimi di quelli che impoveriscono ed abbrutiscono il tuo dono.
Sei un Re strano.
Non ti opponi a che i suoi concittadini manifestino odio contro di te, ma poi li uccidi davanti a te stesso. Fai diventare re come te i servi che ti hanno moltiplicato i talenti, ma senza accertare che cosa hanno fatto.
Così ci chiedi amore, un amore come quello che tu ci hai dato e ci dai.
Un amore senza rese e senza ricambi.
Un amore dato così liberamente che non ha bisogno di conferme, ma è in grado di uccidere l'odio solo mettendoselo davanti.
Perché l'amore uccide l'odio amandolo.
Ponendo l'odio davanti a se stesso e mostrandogli, così, la sua contraffazione delle realtà e della verità della vita, ponendo l'odio davanti alla sua stessa cecità e sordità di odio; e così si giudica da solo.
Perché davanti a te ci può essere solo amore che produce amore.
Dono di sè gratuito, fino alla morte.
Dono di sè che si fa vita, fino alla vita, fino a Dio.
ciao r
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