San Giovanni Battista
Gesù mio, in anticipo di un giorno una piccola meditazione su Giovanni il Battezzatore, l'Immersore, colui che proclama la conversione in attesa e preparazione all'arrivo del Re.
ciao r
Dal libro del profeta Isaìa (Is 49,1-6)
Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,57-66.80)
"Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele".
Strano destino quello di Giovanni l'Immersore, Giovanni, colui che immerge.
Scelto da Dio fin dal grembo di sua madre, rapito ad ogni vita “normale” fin da prima del suo concepimento, con l'angelo che parla a Zaccaria e gli annuncia un evento a cui Zaccaria, giustamente diciamocelo, non crede. E, altrettanto giustamente, viene punito per questo da nove mesi di silenzio.
In questa attesa piena di silenzio è forse la strada di Giovanni.
Giovanni è colui che attende “uno più grande”, “l'uomo più forte”, colui del quale “non sono degno di essere lo schiavo più infimo e basso”. Giovanni è colui che, in prigione, manda qualcuno a chiedere a Gesù “sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”
Giovanni è quello che insulta il potere di Erode perché costui ha preso la moglie del fratello.
Giovanni è colui che predica la conversione, che predica il pentimento, che predica il cambiamento di vita: ma in attesa di colui che viene.
Giovanni aspetta un messia che porti la spada e ripulisca l'aia da tutte le schifezze con cui l'abbiamo riempita e la ripulisco con un fuoco inestinguibile.
Giovanni aspetta la scure che è già posta alla radice dell'albero.
Giovanni aspetta il Re he viene a cacciare e punire coloro che sono malvagi verso i piccoli e i poveri.
Giovanni ha avuto come levatrice Maria incinta di Gesù da sei mesi. Giovanni, che ha esultato alla “visione di Dio” appena concepito nel ventre di Maria.
Giovanni non si aspetta Gesù, quel Gesù che va da lui a farsi battezzare “perché si compia ogni giustizia”.
Giovanni è un paradosso.
Dio ama i paradossi e Giovanni è colui che Dio, in quanto quel “Tutt'Altro” di cui scrive papa Ratzinger, ci manda per insegnare agli uomini l'umiltà delle donne.
La loro umiltà ricca di sapere l'attesa.
L'umiltà di lasciare che il tempo passi, apparentemente inutile, in realtà ricco di crescite quotidiane.
L'umiltà della mitezza che si fa piccola per lasciare che in noi, “qualcos'altro” diventi grande.
Giovanni, il bambino straordinario che vive nel deserto coperto solo dei peli di cammello caduti per la muta; Giovanni che si nutre di ciò che gli offre la natura senza fare lavoro, cavallette e miele selvatico; Giovanni che aspetta che il tempo passi e Gesù arrivi e faccia la sua parte.
Quel Gesù che, quando arriva, prende di sorpresa Giovanni.
Perchè la parte di Gesù non è quella del fuoco e della spada, ma quella dell'aratro.
La parte di Gesù è quella della Luce che illumina le nazioni, ldelle mani che guariscono i ciechi ed i sordi.
La parte di Gesù è quella del cuore che dona la vita di carne a cuori di pietra e ferro.
Gesù riconosce in Giovanni “il più grande dei nati di donna” ma anche il più piccolo nel Regno dei cieli.
Giovanni è l'ammonimento permanente a noi.
Dobbiamo attendere nella verità amante, come donne incinte, e se durante questa attesa diventiamo duri ed impazienti non importa, purché non dimentichiamo mai che “colui che dobbiamo attendere” è molto più grande di noi ed arriverà inatteso.
Come in quell'esperienza “quotidiana” che è sempre “strana” e, sempre, ci giunge inattesa e ci coglie di sorpresa.
Nell'amore.
ciao r
Dal libro del profeta Isaìa (Is 49,1-6)
Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,57-66.80)
"Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele".
Strano destino quello di Giovanni l'Immersore, Giovanni, colui che immerge.
Scelto da Dio fin dal grembo di sua madre, rapito ad ogni vita “normale” fin da prima del suo concepimento, con l'angelo che parla a Zaccaria e gli annuncia un evento a cui Zaccaria, giustamente diciamocelo, non crede. E, altrettanto giustamente, viene punito per questo da nove mesi di silenzio.
In questa attesa piena di silenzio è forse la strada di Giovanni.
Giovanni è colui che attende “uno più grande”, “l'uomo più forte”, colui del quale “non sono degno di essere lo schiavo più infimo e basso”. Giovanni è colui che, in prigione, manda qualcuno a chiedere a Gesù “sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”
Giovanni è quello che insulta il potere di Erode perché costui ha preso la moglie del fratello.
Giovanni è colui che predica la conversione, che predica il pentimento, che predica il cambiamento di vita: ma in attesa di colui che viene.
Giovanni aspetta un messia che porti la spada e ripulisca l'aia da tutte le schifezze con cui l'abbiamo riempita e la ripulisco con un fuoco inestinguibile.
Giovanni aspetta la scure che è già posta alla radice dell'albero.
Giovanni aspetta il Re he viene a cacciare e punire coloro che sono malvagi verso i piccoli e i poveri.
Giovanni ha avuto come levatrice Maria incinta di Gesù da sei mesi. Giovanni, che ha esultato alla “visione di Dio” appena concepito nel ventre di Maria.
Giovanni non si aspetta Gesù, quel Gesù che va da lui a farsi battezzare “perché si compia ogni giustizia”.
Giovanni è un paradosso.
Dio ama i paradossi e Giovanni è colui che Dio, in quanto quel “Tutt'Altro” di cui scrive papa Ratzinger, ci manda per insegnare agli uomini l'umiltà delle donne.
La loro umiltà ricca di sapere l'attesa.
L'umiltà di lasciare che il tempo passi, apparentemente inutile, in realtà ricco di crescite quotidiane.
L'umiltà della mitezza che si fa piccola per lasciare che in noi, “qualcos'altro” diventi grande.
Giovanni, il bambino straordinario che vive nel deserto coperto solo dei peli di cammello caduti per la muta; Giovanni che si nutre di ciò che gli offre la natura senza fare lavoro, cavallette e miele selvatico; Giovanni che aspetta che il tempo passi e Gesù arrivi e faccia la sua parte.
Quel Gesù che, quando arriva, prende di sorpresa Giovanni.
Perchè la parte di Gesù non è quella del fuoco e della spada, ma quella dell'aratro.
La parte di Gesù è quella della Luce che illumina le nazioni, ldelle mani che guariscono i ciechi ed i sordi.
La parte di Gesù è quella del cuore che dona la vita di carne a cuori di pietra e ferro.
Gesù riconosce in Giovanni “il più grande dei nati di donna” ma anche il più piccolo nel Regno dei cieli.
Giovanni è l'ammonimento permanente a noi.
Dobbiamo attendere nella verità amante, come donne incinte, e se durante questa attesa diventiamo duri ed impazienti non importa, purché non dimentichiamo mai che “colui che dobbiamo attendere” è molto più grande di noi ed arriverà inatteso.
Come in quell'esperienza “quotidiana” che è sempre “strana” e, sempre, ci giunge inattesa e ci coglie di sorpresa.
Nell'amore.
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