Gesù ci spezza il cuore...

... per farne amore, sempre più amore.

«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».


Credo che questo sia il centro ‘assoluto’ – cioè, sciolto da ogni limite umano – della nostra comune fede in Gesù di Nazareth, «che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo». E con “comune fede” intendo proprio tutti e chiunque sia profondamente interessato a ciò che è stato, ha fatto e ha detto il figlio di Maria e di Giuseppe di Nazareth.

Perché ancora oggi ci dibattiamo attorno al tema del perché Gesù è morto ed è morto in quel modo e di come – e in che senso – la sua morte ci garantisca la vita attraverso la (e grazie alla) sua Risurrezione.

Per questo legame che si manifesta, ascoltare questo vangelo con cura, con la cura del cuore, è molto importante.




 Lc 24,13-35

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane
”.



Due stanno andando via da Gerusalemme.




Non sto ripetendo la storia.
Ma c’è una cosa che mi sembra di vedere e vorrei che guardaste anche voi.

Due discepoli stanno andando via da Gerusalemme. Due qualsiasi.
Saranno state quattrocento o cinquecento persone in tutto e solo una parte piccola, forse la metà o forse meno, erano ancora a Gerusalemme. Erano ormai passati tre giorni “da quando queste cose sono accadute”, la Pasqua degli Ebrei era passata anch’essa. Gesù di Nazareth era morto e il cadavere era scomparso… poi le donne (alcune donne) dicevano di averlo visto risorto… e di aver parlato con angeli o chissà cosa … ma sono donne … sappiamo tutti come sono fatte le donne.

Allora cosa ci stiamo a fare ancora a Gerusalemme? Meglio che torniamo a casa.

 
Certo, fa rabbia…
Fa furore che l’abbiano ucciso
ti ricordi quanto era bravo? … ti ricordi quel giorno con il cieco nato? …. e quella volta, al lago di Tiberiade? … certo che ne abbiamo camminato di strade con Gesù Nazareno… era un uomo di Dio… ma l’ha abbandonato … ma Dio fa sempre così, non sostiene mai i suoi uomini….. sì è vero! Dio lascia che vengano uccisi … che rabbia … li … li … li ucciderei tutti… a iniziare da Caifa … sì sì, a iniziare da lui ...



Mi sembra di sentirli andare via, con rabbia, ira, dolore.

Mi sembra di sentire che ce l’hanno anche con Dio, e proprio con il Dio di Abramo Isacco e Giacobbe, il Dio che Gesù chiamava Abba e il loro cuore ancora si commuove ricordando la voce del Nazareno dire quel nome.

Non tornano i conti, non possono tornare.
Poi li raggiunge uno straniero.


E il loro cuore si scalda, nonostante l’offesa.

«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 
Li vedo annuire. Si sentono stolti e lenti di cuore. Vogliono essere stolti e lenti di cuore. Perché non è possibile che anche questo conto non torni.

Non è possibile che anche Gesù di Nazareth sia morto e sepolto e abbia più niente da dire. 
Eppure è così.

Però quello straniero scortese e profondo, attento a loro due e così diverso da loro gli sta per far vedere qualcosa che non si aspettano, qualcosa che contraddice ogni loro cultura: quello straniero sta per spezzare il cuore irrigidito di quei due discepoli privi di speranza. E a iniziare dalle cose più elementari.
Infatti hanno ragione le donne. Pensateci: proprio le donne – cui nessun uomo serio crede, infatti non possono testimoniare – loro hanno ragione: Gesù è morto, ma è anche risorto.
Come sarebbe a dire? Hanno ragione le donne? 


Sì, hanno ragione le donne che sono state le sole testimoni della morte di Gesù e le inviate all’annuncio della sua Risurrezione.
E il cuore dei due discepoli si spezza, perché riprende vita, e torna a battere e quella morte solitaria del Risorto fa male, perché l’abbiamo abbandonato e sempre lo abbandoniamo.

Perché amare davvero ci fa male. Vivere ci fa male. Eppure senza siamo senza vita, siamo morti.
Lasciamo stare la narrazione della storia, ma riflettiamo che questo episodio ci racconta che la vite di quei due discepoli, Cleopa e l’altro, viene cambiata profondamente. Il loro cuore è aperto dalla risurrezione e la loro vita stravolta.
Ma cos’è che cambia la vita dei due discepoli?


Certo, il fatto di aver incontrato e ascoltato con il cuore e la loro vita Gesù Nazareno.
Ma non basta, perché poi è morto, e dopo che è morto loro due se ne stavano tornando a casa.
Infatti se Gesù è solo morto, tutto finisce lì.

I conti non tornano un’altra volta e, un’altra volta ancora, dobbiamo rilevare che se c’è Dio è un Dio lontano a cui nulla interessa dei nostri conti e dei nostri affari.

Caifa ha vinto, viva Caifa!
O, se proprio non ci riusciamo e gridare viva Caifa, e se non riusciamo neppure a ucciderlo – perché poi tanto ci troveremo con un altro diverso da Caifa eppure così tanto simile a lui – allora bisogna solo tornarsene a casa e lì cercare di fare il meglio che posso fare.
Con il cuore quasi spento, molto irrigidito. Con il cuore un poco più pietrificato da quel Gesù morto che ci pesa. Ci pesa tanto.

Ma allora, se non è la vita e la morte di Gesù, che cos’è che cambia la vita dei due discepoli?

Riprendiamo il brano.

Incontrato lo straniero i due si fanno spiegare le Scritture e tutto ciò che in esse riguarda il Messia e poi arrivano dove stanno andando e gli chiedono di restare con loro, a cena e per la notte.

Lo straniero si lascia convincere a entrare da qualche parte con loro, in qualche casa o locanda, così da mangiare insieme e condividere la notte.

Magari dopo cena parliamo ancora e possiamo fargli qualche domanda. 
Mi sembra di sentire questa idea frullare nelle teste e nei cuori di Cleopa e dell’altro.
Si siedono a tavola. I due hanno riconosciuto l’autorevolezza dello straniero nelle Scritture, così a lui spetta la benedizione del pane. 
E lo straniero prende il pane… «recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro».
Misericordia benedetta! hanno ragione le donne! 


Gesù è morto, certo, ma ora è Risorto per la potenza di D**.
La morte non ha potuto tenerlo con sé.
È stata sconfitta per sempre.
Il cuore dei due è spezzato per sempre e con il loro anche il nostro cuore. Finalmente viviamo.
La nostra fede, ma molto di più, ogni nostro gesto e liturgia e parola di benedizione e di amore ha una sola certezza e si regge sopra un unico “argomento”, su di una sola “esperienza”.
Gesù di Nazareth, profeta potente in opere e parole davanti a Dio e davanti al popolo, è stato imprigionato dal potere umano, è stato sottoposto alla violenta e terribile passione degli schiavi e dei peggiori tra i malfattori, quindi è morto appeso a una croce fuori dalla città, ma ora è risorto, e adesso vive in mezzo a noi.
Senza questa certezza, ha ragione Paolo di Tarso, siamo davvero i più infelici tra gli umani perché viviamo dentro un inganno e siamo, come tutta l’umanità, totalmente senza speranza.
Ma Gesù di Nazareth è risorto ed è con noi, e non ci abbandona.
Mai.
Non siamo più soli, siamo amati e l’amore fiorisce in noi e diventa fonte di acqua viva, in noi per altre persone, anche diverse e straniere da noi.
Dal nostro cuore spezzato fiorisce la vita.
Questa certezza dell’amore è quasi l’unico insegnamento del Vangelo di Gesù Cristo, e di questo vangelo in particolare.



Ma c’è un secondo insegnamento che bisogna rilevare, ed è dello stesso genere.
Siamo abituati a sentire che il cristianesimo è una religione del Libro, cioè si regge su una rivelazione scritta, tendenzialmente immutabile e proprio perché è scritta.
Non è vero.
Anzi, secondo me questa è una grave bestemmia contro l’Amore Santo di D**, cioè contro quel Gesù di Nazareth, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio.
Infatti la rivelazione di Gesù di Nazareth non è un libro scritto con dentro l’elenco delle verità in ordine di importanza e di chiarezza.
Chi pensa che la Parola di D** - cioè Gesù di Nazareth stesso - sia una sorta di decalogo di questo genere è in grave errore, e non conosce le scritture.
E neppure il suo cuore ed è per questo che bestemmia la Santità di D**.


Gesù di Nazareth è la Parola vivente di D** e questa Parola continua a parlarci, questo “Verbo” continua a coniugarsi tra di noi e continua a predicare tra di noi cose belle e buone. Attraverso una tradizione che si è incarnata, e ancora si incarna, in parole, gesti, imprese, canti, azioni, comunioni umane. 
Cose in cui c’è ancora vivente tra di noi Gesù di Nazareth.



Perché davvero ancora Gesù «conversa con noi lungo la via, e ci spiega le Scritture» e davvero anche a noi «arde il nostro cuore mentre egli ci parla».
Perché è Gesù stesso quello Spirito d’amore che ci consola, ci assiste, ci guida e ci giustifica davanti alla Maestà della Giustizia di D**. 
La Parola di D**, Gesù di Nazareth, è storia umana in cui D** si incarna sempre, è vita vivente che è capace di rispondere alle domande sempre nuove che dalle e nelle nostre vite nascono e crescono.
Ma questo significa anche che nessun altra storia umana esiste, se non quella dettata dalla sempre maggiore conoscenza della Parola di D**, quella Parola che è Gesù di Nazareth e il suo Regno che cresce in noi e tra di noi.
Perché Gesù è morto ucciso “dai nostri peccati”, e il principale dei quali è la violenza del potere umano su e contro altri umani. D** si è incarnato in Gesù e così si è fatto lui peccato in modo da toglierlo a noi e, per questo, D** l’ha liberato dalla morte.
Perché non è possibile che questa tenga il più bel fiore della Vita lontano dalla Vita.
Gesù è risorto e così anche noi che, proprio per questa risurrezione, adesso siamo stranieri a questa vita e invece concittadini della stessa vita di Gesù di Nazareth in D**: nelle foreste e negli oceani viventi e santi della Città dell’Amore.

Dove la vita è D** e D** è la vita.

ciao r


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