7 febbraio 2011, lunedì della 5° settimana del tempo ordinario (anno dispari)

"In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati." (Mc 6,53-56)










"La gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse."


Ecco, mio Re, continuiamo sempre a fare così.
Appena ti riconosciamo in casa di una qualche tua amica o tuo amico che ti è particolarmente caro, perché docile e mansueto al tuo amore, allora subito andiamo e ti portiamo i nostri malati e le nostre malattie.
E non ascoltiamo quello che ci dici.
Non ascoltiamo l'unico medicina che ci guarisce davvero.
Ci muoviamo dalle nostre case, dalle nostre finestre, dalle nostre chiese e andiamo dove sappiamo che ti sei fermato a vivere e ti chiediamo di guarirci.
Per ciascuno di noi la nostra malattia è la più importante. Spesso ti chiediamo di guarire qualche nostro amico o amica. Più di rado ci muoviamo per qualche estraneo, ma facciamo anche questo.
E tuttavia ti chiediamo solo di guarirci, ti invochiamo contro il nostro male e così non ascoltiamo quello che ci stai dicendo.
Non ascoltiamo la tua voce che ci dice piano che solo se ti ascoltiamo e ti seguiamo, soltanto se siamo docili e mansueti al tuo amore, solo così viviamo.


ciao
r

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