Il tuo Regno non si vede?

Il tuo Regno che non si vede. Così almeno pare. 




Sepolto tra i solchi della storia, o disperso dentro le miriadi di fili d'erba delle nostre vite chi mai riconoscerebbe in una piantina un poco storta il tuo roseto che fiorirà nelle disposizioni di colori più tenere e forti? chi vedrà in un alberello disperso tra tanti la tua quercia grande, il tuo baobab, capace di dare ospitalità e rifugio alle miriadi di vite?
Chi sa riconoscere in un primo sorriso timido, scontroso, l'accoglienza dell'unica amante che speri, dell'unico amore che desideri?





Tu che affidi a un morbido arco di piacere e mitezza il compito di reggere la vita, tre o quattro chili di vita e ci riesce benissimo.
Tu che doni agli occhi dei tuoi animali il compito di parlare, e troppo spesso con quanta più eloquenza delle nostre parole.
Tu che lasci aperto ai giochi di bimbe e bimbi ogni tuo segreto, così che loro sanno dar vita a mondi interi anche con un poco di acqua e fango, proprio come te.





Mc 4,26-34

"Gesù diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa".






Arrivare alle tue parabole, se ce la facciamo.
E quindi essere, se ne siamo capaci, almeno quel tuo granello di senape.

Così lasciare che tu mi butti nel tuo giardino, affinchè mi perda in mezzo ad altre piante.
Così godo di un incontro con la terra, e e muoio nel fecondarla.
Un istante, pochi minuti, un intervallo di piacere, una vita che trionfa negandosi.
E poi una creatura è creata, una esistenza cresce e si allarga, piano, senza fretta, in attesa e cura,  fra le tue zolle, i nostri dirupi, sopra i nostri muri, fianco alle nostre strade, attorno ai tuoi alberi, così, per crescere vita nelle vite che attorno a noi esistono, crescono, si nutrono, muoiono, e vivono ancora.







Perché il tuo regno si vede benissimo
e si vive, semplicemente
con tutti gli occhi dei nostri 
infiniti amori.




ciao r






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